Prima la notizia: la notte di S. Silvestro, a Roma, l'83,5%
dei vigili urbani si è dato malato o comunque si è assentato dal lavoro
utilizzando altri tipi di permesso (dalla legge 104 alla donazione di sangue).
Come conseguenza, grande scandalo, governanti di ogni
livello e media di regime scatenati contro i "fannulloni del pubblico
impiego" - tutti insieme, nessuno
escluso, come si fa nei pogrom - e richiesta generalizzata di bastonare i
reprobi (il pubblico impiego in generale). Il premier Matteo Renzi cavalca
l'onda con facilità, annunciando che il 2015 sarà l'anno del "cambio di
regole nel pubblico impiego" per far sì che non si ripetano mai più casi
come quello della Capitale.
Il ministro del settore,
Marianna Madia, cala per una volta la maschera di madonnina e tira fuori
artigli, ventilando "azioni
disciplinari" per "colpire gli irresponsabili". Il Garante per
gli Scioperi - quell'autorità creata quasi venti anni fa con l'unico obiettivo
di impedire o rendere comunque irrilevanti gli scioperi nei servizi pubblici
(tra precettazioni, "servizi garantiti", sanzioni e
"affollamenti") - ha prospettato sanzioni "fino a 50 mila
euro". E subito emergono le proposte per rendere "più facile il
licenziamento degli statali", il trasferimento all'Inps (invece che alle
Asl) dell'incarico di eseguire i controlli medici sui periodi di malattia,
"commissioni ad hoc" per la valutazione del "rendimento"
dei singoli dipendenti pubblici, la riesumazione delle "norme
Brunetta" e via reprimendo in via preventiva...
Il Campidoglio, sotto botta dopo lo scandalo "der
cecato" & co., prova a tenere il passo incaricando il vicecomandante
dei vigili di condurre un'indagine interna per capire cosa sia successo il 31
dicembre. Al termine della quale la Procura di Roma (ieri il comandante dei vigili, Clemente, ha
incontrato il procuratore aggiunto Maria Monteleone) potrebbe intraprendere
"eventuali procedimenti penali".
Dal canto loro, i vigili della Capitale difendono a spada
tratta le proprie ragioni e si preparano al primo sciopero della categoria
nella storia di Roma, anche se la triplice Cgil-Cisl-Uil stigmatizza i disagi
sottolineando di non aver "in nessun modo dato indicazioni ai lavoratori
difformi da quanto previsto dalle norme, contratti e regolamenti".
"Non siamo né fannulloni, né ladri", sottolineano
gli agenti, spiegando di non aver fatto lo straordinario "per
protesta". E qui esce fuori una prima ragione comprensibile per una
astensione dal lavoro altrimenti inspiegabile e per nulla spiegata dai
giornali. di regime: l'amministrazione comunale e il comandante avevano infatti
disposto uno "straordinario obbligatorio" la notte di capodanno per
garantire lo svolgimento del concerto al Circo Massimo.
Una "provocazione" giunta alla fine di un anno in
cui i rapporti tra il comandante e gli uomini da lui amministrati sono arrivati
ai minimi termini. Ne avevamo anche noi dato in qualche modo notizia,
all'interno degli articoli dedicati all'inchiesta giudiziaria su Mafia
Capitale, segnalando come fosse quantomeno curioso che il comando dei vigili
urbani romani stesse eseguendo le indicazioni date da un "commissario alla
trasparenza" - Walter Politano -
indagato per associazione mafiosa dalla Procura di Roma insieme a
Carminati, Buzzi, Mancini e compagnia cantando. Ora la situazione è
apparentemente "migliorata" con la nomina nella stessa carica di
Rodolfo Sabella, magistrato, su cui però i giuristi democratici hanno sollevato
"perplessità" - diciamo così - di una certa rilevanza politica.
Sta di fatto che decine di assemblee dei
"pizzardoni" hanno posto il problema di entrare in sciopero - cosa
mai avvenuta nella storia - per rispondere in qualche modo a un'offensiva
dall'alto che accomuna tutti sotto un'accusa infamante. Il provvedimento più
intollerabile, tra i tanti partoriti dalle fervide menti ai vertici, riguarda
il trasferimento di sede per contrastare la corruzione. Per chi conosce Roma,
non c'è minaccia maggiore possibile, qualunque sia il lavoro che fai. Si tratta
inoltre di un provvedimento completamente inutile rispetto allo scopo per cui
viene ufficialmente preso. Un "vigile corrotto", infatti, una volta
cambiato il gruppo circoscrizionale, riprenderà in breve tempo la sua
"seconda attività", perché dovrà soltanto cominciare a conoscere i
suoi nuovi "clienti" giovandosi della competenza accumulata in altra
zona.
Al contrario, ci spiegavano alcuni vigili (incazzatissimi
per una misura che li sospettava tutti, nessuno escluso, come si fa nei pogrom,
di essere "corrotti"), un trasferimento di funzione e non territoriale
avrebbe tagliato le gambe molto più efficacemente alla corruzione perché i
responsabili avrebbero dovuto imparare un mestiere differente (regolato da
decine di codici differenti). Insomma: se prendi un vigile "esperto"
nel trattare con i commercianti e lo rimetti alla viabilità, e viceversa, per
qualche anno puoi star tranquillo che non ci saranno episodi gravi di
corruzione.
Pur restando all'interno dello stesso territorio. Quel che
ha fatto imbizzarrire una categoria decisamente poco disponibile al conflitto è
infatti il trasferimento ad altra sede. Per tutti - "corrotti" e no -
esiste infatti il problema del "viaggio" da casa al lavoro, che a
Roma, in casi limite, può arrivare alle due ore. Insomma, seguendo le
indicazioni di un "assessore corrotto" indagato per questa ragione -
vedremo come andrà poi il processo - tutti i vigili sono stati messi nello
stesso calderone e obbligati a reagire. Stiamo parlando di una categoria non
simpaticissima, ben lontana dall'immagine cinematografica del "pizzardone"
anni '50. Una categoria oltretutto a digiuno di conflitto sindacale e delle sue
regole; da sempre percorsa dal clientelismo e spesso scossa da casi di
corruzione; abituata a "difendersi" ricorrendo ai trucchetti da
leguleio, consentiti da una legislazione abnorme di cui sono obbligati a
conoscere ogni singola piega. E che quindi, invece di prendere in mano l'arma
dello sciopero, si è fatta tentare dall'aggiramento furbesco - consentito da
regole giuste come da regolette assurde (ancora una volta tutto insieme) per
realizzare uno "sciopero bianco" nell'occasione di massima
visibilità.
Succede che a fare i furbi ci si dimostri ingenui. E i
vigili romani lo sono stati di sicuro, nel loro rifiuto del conflitto aperto -
"politico" - con l'amministrazione. Non hanno infatti capito che
"è cambiata l'aria" e hanno ora contro - non più soltanto
"sopra" - un potere in cerca di "casi esemplari" da usare
come stracci per realizzare lo stravolgimento generale delle regole del lavoro,
anche nel pubblico impiego.
Ma di ragioni oggettive ne hanno molte. Come tutto il
pubblico impiego. Certo, dovrebbero forse farsi indicare la strada da un
sindacato abituato al conflitto, antagonista politico che prova a leggere anche
le dinamiche generali, lasciandosi alle spalle definitivamente le scorciatoie
"furbette" e regolamentari, così come i sindacati complici che ora li
stanno lasciando completamente soli dopo averne assecondato le abitudini
peggiori.
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