Pirelli:
11 condanne per omicidio colposo aggravato
Pene tra i
tre e i sette anni. Tra i condannati anche Guido Veronesi, fratello
dell’oncologo Umberto. Ventiquattro gli operai morti o ammalati per tumore
Si è
concluso con 11 condanne a pene tra i 3 e i 7 anni e 8 mesi di reclusione il
processo a carico di altrettanti ex dirigenti della Pirelli imputati in
relazione a 24 casi di operai morti o che si sono ammalati di forme tumorali a
causa dell’amianto, dopo avere lavorato negli stabilimenti milanesi della
Pirelli. Gli imputati rispondono a vario titolo di cooperazione in omicidio
colposo aggravato e in lesioni gravissime. Sono stati tutti membri del
consiglio di amministrazione della Pirelli tra il 1979 e il 1989. La sentenza è
stata emessa dai giudici della sesta sezione penale, che hanno sostanzialmente
accolto la ricostruzione del pm Maurizio Ascione secondo la quale gli operai
sono morti a causa dell’inalazione di fibre di amianto nelle fabbriche di via Ripamonti
e viale Sarca. Il pm aveva chiesto la condanna a pene fino a 8 anni di carcere
per 8 ex dirigenti e l’assoluzione per altri tre.
Mesotelioma
pleurico
Il collegio
ha condannato tutti gli imputati anche al risarcimento delle parti civili in
solido con il responsabile civile Pirelli Tyre spa, disponendo una
provvisionale di anticipo sulla quantificazione da stabilire in sede civile di
520mila euro. Secondo il capo di imputazione formulato dal pm Giulio Benedetti
inizialmente titolare del fascicolo, gli imputati «per imprudenza, negligenza,
imperizia e in violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro, in
particolare il dpr 303/56», avrebbero causato «la morte per mesotelioma
pleurico o lesioni gravissime ai propri dipendenti per mesoteliomi e asbestosi
pleuriche». Secondo una consulenza svolta dall’Asl che ha evitato un’iniziale
richiesta di archiviazione, infatti, gli operai che poi si sono ammalati
rimanevano «esposti per tutta la giornata lavorativa e senza l’adozione di
adeguati sistemi di aspirazione o protezione individuale alle fibre di amianto
aerodisperse durante l’attività lavorativa svolta». E questo perché gli
imputati avrebbero omesso di installare sistemi di aspirazione e raccoglimento
polveri per proteggerli, quando allora l’amianto era «presente in varie forme
nel talco, negli scambiatori di calore, nelle postazioni di lavoro, nei locali
di servizio (centrale termica e per la produzione del vapore, nei sotto servizi
(centraline e rete di distribuzione sotterranee dove correvano anche le
derivazioni elettriche), nei coibenti con presenza di amianto in percentuali
variabili quali le corte, le trecce, le coperte e le guarnizioni», oltre a
essere «utilizzato come isolante termico e coibente per le tubazioni, nonché
per la produzione di pneumatico». Quando Benedetti ha cambiato ufficio, il
fascicolo è stato ereditato da Ascione che ha mantenuto sostanzialmente
l’impostazione accusatoria del suo predecessore, ancorandola però alla più
recente letteratura scientifica sulla correlazione tra esposizione ad amianto e
tempi di sviluppo della malattia.
Nessuna
accidentalità
In sede di
udienza preliminare erano state archiviate tutte le imputazioni relative alla
violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, essendo il reato ormai
prescritto, ma il processo ha preso il via davanti al giudice Raffaele
Martorelli per i capi d’accusa più gravi. Nella sua requisitoria, il pm aveva
sottolineato che dal processo è emerso un «quadro di profondo radicamento nel
tempo e nello spazio di una situazione di pericolo che, in quanto tale, non
poteva presentare carattere di accidentalità ed essere gestita nell’opera
minuta e quotidiana di direttori di stabilimento pro tempore». Secondo Ascione,
la presenza della sostanza pericolosa «avrebbe reso necessario un intervento
strutturale e strategico in quanto la scelta di politica dell’impresa non
poteva fare capo a chi si trovava a gestire il quotidiano». «Che vi fosse
consapevolezza sulla questione amianto - ha aggiunto il pm - lo abbiamo potuto
apprendere grandemente da una serie enorme di dati su come venivano gestiti
quegli stabilimenti. La Pirelli, in quanto datore di lavoro, avrebbe dovuto
adottare e pretendere che venissero adottate le misure per prevenire il rischio
di pregiudizio per la salute del lavoratore».
Le
provvisionali
Mercoledì 15
luglio, dunque, la condanna più alta è stata inflitta a Luciano Isola,
consigliere dal 1980 al 1986, condannato a 7 anni e 8 mesi, quella più lieve ai
tre ex componenti del consiglio di amministrazione per i quali Ascione aveva
chiesto l’assoluzione, ovvero Gabriele Battaglioli, Carlo Pedone e Roberto
Picco. Condannato a 4 anni e 8 mesi di carcere Ludovico Grandi, amministratore
delegato del gruppo fino al 1984; a 6 anni e 8 mesi Giorgio Sierra, ex
amministratore delegato Pirelli ed ex presidente dell’Associazione italiana per
la ricerca sul cancro, e a Guido Veronesi, fratello dell’oncologo Umberto. Nel
dettaglio, è stata disposta una provvisionale immediatamente esecutiva di 300
mila euro per l’Inail, di 100mila euro per ciascuno dei due eredi di un ex
operaio deceduto e di 20mila euro ciascuna per Medicina democratica e
Associazione italiana esposti all’amianto. I familiari delle altre vittime
avevano già ritirato la costituzione di parte civile dopo aver raggiunto con
Pirelli un accordo economico per un risarcimento stragiudiziale. Nelle
settimane passate, altri processi a Milano su morti per amianto (Enel Turbigo e
Franco Tosi) si erano conclusi con l’assoluzione di tutti gli imputati. Le
motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.
Gli
avvocati: «Faremo appello»
«Prendiamo
atto con rammarico dell’odierna sentenza di primo grado e aspettiamo di leggere
le motivazioni non appena saranno depositate. Sulla base delle evidenze
scientifiche a oggi disponibili emerse nel corso della fase dibattimentale del
processo, siamo certi della correttezza dell’operato dei nostri assistiti per i
fatti contestati risalenti a oltre 25 anni fa, e presenteremo impugnazione in
appello». Lo dichiarano gli avvocati difensori di Pirelli e degli ex dirigenti
Pirelli condannati dal tribunale, in forza all’azienda negli anni Ottanta.
Corriere della sera : http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/15_luglio_15/amianto-pirelli-11-condanne-omicidio-colposo-aggravato-498fc28e-2ace-11e5-8eac-aade804e2fe2.shtml?refresh_rum&refresh_ce-cp
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