Articolo ricevuto dai compagni del Circolo di iniziativa proletaria Giancarlo Landonio
Busto Arsizio - VA
Il 15 gennaio 1919 Rosa Luxemburg veniva assassinata
a Berlino – insieme a Karl Liebknecht – dalle squadracce paramilitari dei c.d. Freikorps, esecutrici degli ordini del governo socialdemocratico tedesco guidato da F. Ebert e G. Noske, terrorizzati dalla rivoluzione bolscevica e dal tentativo insurrezionale – la rivolta di gennaio che dal 6 al 15 gennaio 1919, su impulso della Lega di Spartaco, aveva infiammato le speranze del proletariato tedesco. Il suo assassinio, e le brutali modalità dello stesso, rimasero impresse nella memoria degli operai e dei proletari che in quegli anni cruciali avevano trovato nella rivoluzionaria polacca una indomita guida. Per lei, come per pochi altri rivoluzionari, la prima guerra mondiale aveva segnato lo spartiacque definitivo, la rottura insanabile, il punto di non ritorno, con la socialdemocrazia, responsabile del massacro – socialdemocrazia in precedenza già fermamente criticata, dalla Luxemburg, nella denuncia del revisionismo di Bernstein e dell’attendismo di Kautski – tanto che già nel 1915, insieme a Liebknecht aveva fondato il Gruppo Internazionale, che sarebbe poi diventato la Lega di Spartaco, e dal dicembre 1918 aveva contribuito alla costituzione del Partito Comunista di Germania. Dopo il periodo delle calunnie staliniane – intellettuale piccolo-borghese, la definì il piccolo padre dei popoli – le è toccato l’oblio e – ancor peggio – per un certo periodo di tempo, le è toccato assurgere ad idolo di tutti gli antileninisti di turno, che ad ogni piè sospinto hanno rammentato le sue critiche al bolscevismo, pur di dar fiato alle trombe antipartito e contro la dittatura del proletariato. Non è questo il luogo per ricostruire il suo apporto critico alle modalità dello sviluppo della rivoluzione russa né il suo contributo alla analisi economica marxista. Ciò che in questa sede ci preme rammentare è che Rosa
Luxemburg è stata - prima di tutto – una comunista che ha individuato nell’organizzazione politica partito – e lo dimostra la sua vita - non solo lo strumento necessario per l’effettiva emancipazione del proletariato bensì l’unico strumento idoneo a risolvere concretamente i problemi che nascono dalla rivoluzione proletaria, prima, durante e dopo la stessa. Nel pieno della dinamica rivoluzionaria russa scriveva che il partito di Lenin : è il solo che abbia capito la legge e il dovere di un partito veramente rivoluzionario e che attraverso la parola d’ordine : tutto il potere nelle mani dei proletari e dei contadini, ha risolto la famosa questione della maggioranza della popolazione che, da sempre, pesa come un incubo sul petto dei socialisti tedeschi. Ed ancora, in ordine alla dittatura socialista, scriveva che la stessa : non può indietreggiare davanti a nessun impiego dell’autorità per prendere o impedire delle misure nell’interesse della collettività, rispondendo agli interessati critici del leninismo, nella consapevolezza dei limiti delle possibilità storiche, che : sarebbe una cosa sovrumana esigere da Lenin e compagni, in simili circostanze, di dare quasi per incanto la migliore democrazia, la dittatura modello del proletariato ed una fiorente società socialista (…) In Russia il problema poteva solo essere posto ma non risolto. E’ in tal senso che l’avvenire appartiene ovunque al bolscevismo. Nel quadro della presentazione – rivolta in particolare alla gioventù – di articoli e documenti storici pubblichiamo, di seguito, un articolo apparso sul Soviet – settimanale della sezione napoletana del Partito Socialista Italiano – nel numero del 26 gennaio 1919 – dal titolo: Nella rossa luce del sacrificio – apparso nella immediatezza dei fatti, sulla morte di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
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