di Diego Bossi, operaio Pirelli, militante di Alternativa comunista
Care lettrici e cari lettori di CUBlog,
come da tradizione mi contrappongo al Quirinale per darvi il messaggio di un operaio, di un attivista sindacale e di un militante politico. A dirla tutta nemmeno credo di essere il più indicato per portare avanti questa usanza a cui sono molto affezionato, nata dalla voglia di offrire un punto di vista di classe dalla parte dei lavoratori, scevro dalle retoriche ipocrite delle istituzioni borghesi, lontano dai velluti e dagli affreschi dei palazzoni importanti e scritto in una cucina proletaria, senza nemmeno godere del servizio “correzione bozze” per potervi offrire una prosa più raffinata di quella che posso permettermi con la mia terza media. Ma tant’è, tra lavoratori ci capiamo.
Non era per niente facile superare lo scorso anno in termini di crudezza, disperazione e rabbia: quali altri attacchi potevano subire i lavoratori? Cos’altro poteva succedere?
Del resto lo sappiamo: nel capitalismo la corsa verso il baratro e la barbarie non ha mai fine. Questo sistema marcio, putrefatto e criminale sta conducendo l’intera umanità e il pianeta allo sfascio.
Gli ospedali pubblici sono al collasso, il personale sanitario è stato spolpato, sfruttato e licenziato da decenni di tagli miliardari con lo scopo di deviare le risorse pubbliche nelle tasche dei capitalisti della sanità privata.
Migliaia di lavoratori sono stati scaricati in mezzo a una strada da un giorno all’altro, e tutto questo è iniziato all’indomani di un decreto del governo Draghi che, su mandato del presidente di Confindustria Bonomi, ha sbloccato i licenziamenti. Il tutto con la benedizione delle direzioni dei sindacati confederali (Landini in testa!).
E poi le pensioni. Mi viene lo schifo solo a parlarne: ma come si fa?! Con quale coraggio?! Come si fa a chiedere alle lavoratrici e ai lavoratori di faticare fino alla terza età per poi sopravvivere con una pensione da fame con cui mantenere anche figli e nipoti disoccupati?!
E poi ci sono gli immigrati che sono fuggiti da inferni inenarrabili causati dallo sfruttamento e la colonizzazione imperialista. Solo i più fortunati sono riusciti ad approdare qui, quelli che sono sopravvissuti alle peggiori torture e non sono morti annegati nel Mediterraneo.
E poi le donne. Sfruttate come lavoratrici e oppresse socialmente come donne. Pestate, violentate, uccise, costrette a svolgere ruoli di faccendiere domestiche, badanti, baby sitter; indotte fin da ragazzine a compiacere sessualmente ed esteticamente una società maschilista, dove il maschilismo è funzionale a dividere la classe lavoratrice per indebolirla contro i padroni ed è funzionale a creare un esercito di riserva per abbassare i salari di tutti i lavoratori. Le donne non hanno nemmeno la libertà di determinare i loro corpi o di scegliere se portare avanti o meno una gravidanza indesiderata. E questo succede in Italia, nell’Europa del ventunesimo secolo.
Dicono che solo chiudendo gli occhi sia possibile vedere le cose importanti, gli elementi emblematici che da soli possono spiegare tutto ciò che c’è da spiegare, da comprendere, da raccontare.
Io chiudo gli occhi e vedo una madre su una barca che urla mentre suo figlio sparisce verso il fondo del mare, vedo i corpi di tre operai schiacciati da una gru, vedo un ragazzo pestato a sangue perché omosessuale. Le palpebre chiuse non trattengono le lacrime di dolore e rabbia che provo.
Ma le lacrime le asciugo e con gli occhi chiusi vedo anche delle cose meravigliose che mi scaldano il cuore e mi danno una forza eccezionale per andare avanti!
Vedo le lavoratrici e i lavoratori Almaviva del Contact center Gse che sono al loro quindicesimo giorno di sciopero contro la precarietà e per l’internalizzazione. Quindicesimo giorno di sciopero a oltranza. Lo ripeto ancora una volta perché mi dà una forza infinita: quindicesimo giorno di sciopero a oltranza! Questa lotta è molto più di una vertenza come tante: dà speranza e indica una strada da seguire!
Vedo i lavoratori Gkn, il loro Collettivo di fabbrica, la loro tenacia, la loro capacità di coinvolgere: si parlerà per anni dell’impresa storica che sono riusciti a compiere questi lavoratori e dell’esempio che hanno saputo dare nel lanciare la mobilitazione: la bellezza del loro canto che da Campi Bisenzio ha invaso l’Italia non ha eguali.
Vedo le lavoratrici e i lavoratori Alitalia. Loro sono l’esempio più grande che tutti i lavoratori della mia generazione abbiano mai ricevuto. Hanno sfidato tutto quello che la lotta di classe nel capitalismo può contenere: le speculazioni dei padroni, gli attacchi dei governi, i peggiori tradimenti dei dirigenti sindacali, le peggiori campagne mediatiche diffamatorie e denigranti; e mentre tutto questo avveniva, loro lottavano, lottavano e ancora lottavano, cercando di unire sempre la loro lotta a quella di altri lavoratori sia in Italia sia nel mondo; e mentre i governi li minacciavano e i dirigenti sindacali firmavano sulla loro pelle piani lacrime e sangue loro hanno sfidato persino la paura più grande, quella per il loro futuro, e hanno respinto in massa con un referendum l’attacco del governo borghese; e mentre i sindacati andavano stretti alla lotta di classe perché cercavano di frammentarla in sigle e siglette loro hanno costituito un comitato che ha unito i lavoratori al di là delle sigle o delle iscrizioni. E sono ancora in lotta, e la loro lotta è la mia, e il più bel posto dove sono stato quest’anno è insieme a loro nei cortei che hanno attraversato le città. Lo spezzone del comitato Tutti a bordo per me è stato accogliente come una casa, il posto dove ho marciato al fianco di compagne e compagni eccezionali. Vi dico due cose importantissime sulle lavoratrici e i lavoratori Alitalia, promettetemi di non scordarle!
La prima cosa è un numero: 20 mila. Non dimenticate mai questo numero, perché è il numero di lavoratori che hanno reso grande Alitalia nel mondo e che sono stati licenziati in 15 anni. 20 mila! 20 mila! 20 mila! Questo numero dovete gridarlo ogni volta che qualche giornalone o qualche tv dei padroni vi racconta che questi lavoratori erano dei fannulloni e dei privilegiati. Vergogna! Non avete nemmeno un briciolo di dignità, i lavoratori Alitalia sono stati onesti servitori del pubblico, voi siete servi di un padrone privato o di un’emittente dello Stato borghese, non siete giornalisti, siete solo megafoni del padrone. Non avete nemmeno il coraggio di dire che 20 mila «privilegiati» sono stati licenziati per fare arricchire un manipolo di capitalisti.
La seconda cosa è che è uscito un libro semplicemente superlativo, si intitola «Alitalia, cronaca di una lotta esemplare», per fortuna non è stato scritto da un «giornalista», ma da un compagno eccezionale, Daniele Cofani, un lavoratore Alitalia, un lottatore senza sosta che le lacrime, il sudore e sangue li ha versati al fianco dei suoi colleghi. Non ci sarà mai nessun’altra opera in grado di restituirvi la verità storica e la passione sindacale come sarà in grado di fare questo libro.
Continuo a tenere gli occhi chiusi per vedere le cose importanti. E vedo tutti i miei colleghi della Pirelli di Bollate. Sono stati due anni difficili. Per molti di noi la cassa integrazione a zero ore non ha ancora visto fine. Noi cassintegrati senza alcuna rotazione abbiamo continuato a lottare e ad organizzarci, dietro di noi c’è un percorso importante che ci lega, ma il mio abbraccio va con tutto il cuore a tutti i colleghi. Qualche giorno fa, grazie alla nostra mobilitazione e alle nostre rivendicazioni, abbiamo avuto l’occasione di fare un’assemblea plenaria: è stato veramente importante poter parlare a tutti e ribadire l’importanza di non dividerci tra lavoratori rientrati e lavoratori in cassa integrazione. Rimanere uniti, senza lasciare indietro nessuno. La nostra storia di vita e di lotta ha più di vent’anni, ci siamo conosciuti in una fabbrica che eravamo dei ragazzini, ora siamo degli adulti. In tanti anni di lavoro insieme abbiamo passato molte prove e condiviso tante battaglie. Mi onoro di aver fatto tutta questa strada coi miei colleghi e spero di condividere con loro altre mille battaglie.
Direi che siamo alle battute finali. È il momento delle conclusioni, che non sono mai facili. Un po’ perché in qualche modo ci si lascia, poiché tra chi scrive e chi legge si instaura sempre un rapporto più o meno intenso, seppur effimero. Un po’ perché le ultime cose che si scrivono sono sempre quelle che rimangono più in testa: il lascito.
Nemmeno volevo scriverlo questo contromessaggio, poi Cristiano, un altro eccezionale compagno di Alessandria, ieri al telefono mi ha detto: «Dié, aspetto il tuo contromessaggio di fine anno domani sera». Lì per lì gli ho detto che no, che non avevo tempo. Poi è montato su il senso di colpa nel bucare questo appuntamento. Ed eccoci qui. Ma il prossimo anno vorrei che questa bella cosa del contromessaggio passi alle tante compagne e ai tanti compagni che meglio di me stanno dirigendo e animando delle lotte importantissime e che tanto in questi mesi mi hanno insegnato.
Che altro dirvi. Vi faccio un augurio particolare, perché oltre ad essere un augurio con una valenza politica di classe è anche un augurio personale e intimo. Lo faccio ai giovani e ai meno giovani. C’è un momento nella vita in cui c’è poco da guardare indietro e molto da guardare avanti. Poi arriva per tutti un momento in cui la strada fatta è tanta e ci si volta per chiudere gli occhi e vedere le cose veramente importanti nel percorso fatto. In quel momento non si vedranno le volte che abbiamo capitolato di fronte al padrone, non si vedranno le volte che pur per mille ragioni abbiamo abbassato la testa, non si vedranno le firme ai tavoli della concertazione, non si vedranno tutte le volte che ci siamo fatti convincere che chi è la causa di tutto il male possa offrire una soluzione.
Chiudo il pugno e lo alzo al cielo!
Diego
Buon 2022 di lotta!! Grazie Diego
RispondiEliminaE nel 2022 tornerò anch'io. Buon anno a tutti compagne e compagni
RispondiEliminaIl "contromessaggio" del compagno Diego tratteggia con una prosa chiara e nello stesso tempo coinvolgente tutto il dramma socio-economico che sia il mondo operaio sia il proletariato nel suo insieme vive quotidianamente.
RispondiEliminaUn buon 2022 a Diego anche da parte mia, sempre in difesa dei diritti sociali.
Giovanni Corallo
Lovely posst
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