LE BELLE E LA BESTIA
Favola
moderna in cerca di lieto fine
Di
Diego Bossi (ALLCA-CUB)
Q
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uesta è la
storia che stanno vivendo milioni di donne nel mondo, vittime di una malattia
che si chiama ENDOMETRIOSI: la
bestia, come loro stesse la definiscono; e io aggiungo che loro sono le belle,
meravigliosamente belle, perché incarnano il concetto più alto e nobile della
bellezza: l’amore per la vita, la tenacia e la perseveranza nel lottare contro
la bestia che hanno in corpo, quella sana voglia di reagire, di non farsi
sottomettere.
L’endometriosi
consiste nella formazione anomala del tessuto che riveste la parete interna
dell’utero, cioè l’endometrio, in altri organi quali ovaie, intestino, tube,
vagina, peritoneo. Ciò provoca, specialmente durante il ciclo mestruale,
sanguinamenti interni, infiammazioni croniche, tessuto cicatriziale, aderenze
ed infertilità (Wikipedia).
L’endometriosi è una malattia cronica, complessa e grave, molto grave; colpisce tre milioni di donne in Italia. Scusate se mi permetto, ma avete capito bene? Perché qua il rischio è quello di leggere un numero come un altro, senza darci troppo peso. Ripeto: TRE-MI-LIO-NI! Come i casi diagnosticati di diabete tipo 2, per intenderci. Però l’endometriosi non la si conosce, non le piace apparire, è discreta, lei, la bestia; e nella discrezione riesce a fare meglio il suo sporco lavoro: devastare l’esistenza di duecento milioni di donne nel mondo. Le belle. Anche quest’ultimo numero merita i suoi cinque secondi di celebrità: DUE-CEN-TO-MI-LIO-NI! Come gli abitanti del Brasile, o i kilometri che ci separano da Marte. A tanto ammontano, oggi, le vittime della bestia.
La bestia
si annida nel grembo delle belle, le possiede.
Possiede i
loro sogni, i loro progetti, si appropria delle loro relazioni sociali e
sentimentali, le isola solcandole il vuoto attorno.
Possiede la
loro vita lavorativa e professionale, decidendo se e come dovranno lavorare.
La bestia alberga
nell’addome delle belle, accomodata tra un organo e l’altro, sogghigna
beffarda.
Se la ride
maligna quando vede per anni entrare bisturi e ferri chirurgici ad asportare,
recidere, raschiare pezzi del loro corpo; gli anni in cui le belle impareranno
il nome di tutti gli esami e le operazioni che finiscono con “ia”, delle
malattie che finiscono con “ite” e “oma”; gli anni che ci vorranno per sentir
pronunciare la prima volta il nome della bestia, la malattia che finisce con
“osi”.
La bestia è
intelligente, ha capito che se uccide il suo organismo ospite, muore anche lei,
quindi se ne guarda bene dal farlo. Lei le vuole vive, le belle; per nutrirsi
della loro disperazione e del loro dolore, per dissetarsi con le loro lacrime.
La bestia
non è fatta solo di dolori fisici, cisti, aderenze, referti clinici, camici
bianchi, fitte atroci durante la minzione, sanguinamenti, corridoi asettici
negli ospedali, forti mal di testa e quant’altro sia riconducibile all’aspetto
clinico.
La bestia è
strutturata sulla destrutturazione vitale delle sue vittime, s’impossessa delle
loro azioni quotidiane, allunga i suoi tentacoli sui loro affetti, frusta
chiunque sia vicino alle belle: familiari, amici, amori…
Le belle si
portano addosso un senso di colpa – una colpa che non hanno! – per il disagio
delle persone che amano.
Le belle
devono fare i conti col sogno infranto di una maternità negata (40% dei casi) e
con la loro mancata evoluzione familiare.
Le belle
sorridono ai loro figli mentre stanno sopportando dolori lancinanti, piangono
chiuse in bagno per non far pesare il loro stato, rinunciano a un’uscita con
gli amici perché non riescono a muovere le gambe o vivono nel terrore che la
bestia prenderà, prima o dopo, anche loro figlia.
Le belle
devono spendere moltissimi soldi per curarsi, perché non hanno nessuna
esenzione (NESSUNA!).
Le belle
vengono licenziate. Mi fa schifo solo a scriverlo, eppure è così, perdono il
posto di lavoro a causa della loro malattia, nonostante compiano sforzi
disumani per lavorare (LAVORARE!), si trovano ad essere discriminate,
mobbizzate, non confermate; vittime di pregiudizi atavici e ignoranza: “La donna è nata per soffrire…”, “Le
mestruazioni non le hai solo te…”, “La sua patologia non è così grave per
un’esenzione”, “Signorina, lei il male ce l’ha in testa!”.
La bestia
ti fa spendere soldi e ti leva il lavoro per guadagnarli.
Questa è la
vita – se così possiamo chiamarla – delle belle: porte sbattute in faccia. Dal
mondo del lavoro, come dalle istituzioni.
La proposta
di legge, ad oggi dormiente negli scantinati di Montecitorio e di Palazzo
Madama, reca nel suo incipit il riconoscimento dell’endometriosi come “malattia
sociale”. Intento nobile, sia chiaro; ma sull’espressione ho qualche
perplessità: malattie sociali sono l’indifferenza e l’individualismo.
L’endometriosi colpisce le donne; non colpisce la società nelle sue funzioni
proprie, che includono l’associarsi, il condividere, l’interesse comune. Anzi:
a ben guardare parrebbe che la società non si sia nemmeno accorta che la bestia
sta sbranando le sue belle. Se ad oggi siamo in questa situazione, dove a
milioni di donne gravemente malate, non è riconosciuto il diritto a cure
gratuite, a collocamenti mirati, a permessi retribuiti; dove di endometriosi praticamente
nessuno sa nulla, allora non dobbiamo parlare di malattia sociale. Ma di
società malata.
Una società
– la nostra – malata di predominanza maschile in tutti i centri di potere
politici, economici e giudiziari.
Non parlerò
qui di quote rosa e altre alchimie giuridiche per ottenere la parità di genere,
mi limito solo ad osservare che parlamenti e consigli regionali per metà rosa,
si sarebbero fatti carico di dare risposte adeguate a un male così gigantesco,
sia per gravità sia per diffusione.
Non ho
molto altro da scrivere, queste mie poche e insufficienti parole vogliono
essere una porta socchiusa nel corridoio della vita. Si può continuare a
camminare ignorandola, oppure ci si può fermare a dare un’occhiata, magari
aprendola lentamente, osservando il dolore nella sua essenza, leggendo le testimonianze che queste
donne eccezionali hanno pubblicato sul blog “io ho l’endometriosi”, seguendo le
iniziative che noi iscritti CUB pubblicheremo su CUBlog, informando il mondo
che non sa, spronando la società che non fa, chiedendo allo Stato che non dà.
Grazie mille per l'attenzione posta su questa patologia terribile che seppur benigna molto spesso,troppo spesso è invalidante
RispondiEliminaHo le lacrime agli occhi...grazie Diego!
RispondiEliminagrazie di cuore per quello che hai scritto. E' esattamente quello che proviamo noi donne con l'endometriosi. Grazie.
RispondiEliminaGrazie Diego! Commossa....
RispondiEliminaMarzia Santo
Le vostre richieste sono anche le nostre.
RispondiEliminaCi troverete sempre al vostro fianco in questa battaglia di civiltà.
Settimana prossima faremo volantinaggio fuori da scuole e università a Milano.
Vi terremo aggiornate. Un abbraccio... tenete duro!
Grazie Diego per aver dato visibilità ed essere stato sensibile alle nostre problematiche
RispondiEliminaUna degli scriiti piu belli che abbia mai letto su di noi.....
RispondiEliminaConcordo con Vale. Ho le lacrime agli occhi: forse per la prima volta mi sento compresa pienamente. Grazie Diego!
RispondiEliminascritto veramente bene, grazie
RispondiEliminaChe dire : GRAZIE AMICO MIO !!!
RispondiEliminaho 27 anni e dopo aver perso un pezzo di uretere e un pezzo d'intestino ho appena scoperto di avere una tuba morta...GRAZIE <3
RispondiElimina"Forte quanto DELICATO "
RispondiEliminaGRZ
Grazie davvero!!!
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