mercoledì 1 aprile 2015

Pirelli, i cinesi e il ritorno degli acquisti a debito: 23 anni per ripagarsi l'offerta


Standard & Poor's lancia l'allarme del ritorno dei finanziamenti facili per operazioni di fusione e acquisizioni. Tra i principali leverage buyout in corso, l'operazione per il cambio di controllo della Bicocca, orchestrato da Marco Tronchetti Provera e dalle banche d'affari.

MILANO - Mister Paul Watters, analista del credito per Standard & Poor’s, è convinto che stiano tornando i tempi del debito facile. I campanelli d’allarme sono stati l’avvio del Quantitative easing della Banca centrale europea, che in un anno e mezzo inietterà liquidità per oltre mille miliardi di euro, e la raccolta record nel mercato europeo dei fondi ad alto rendimento. Gli inglesi li chiamano high yield e danno per scontato che abbiano per lo più un carattere speculativo. L'occasione per i compratori di avere tassi bassi ha spinto nel suo studio intitolato "Europe's Leverage finance Market is warming up, but the market is still showing caution" Mister Watters a prendere in seria considerazione la resurrezione degli acquisti a leva, i famigerati leverage, seppure con regole più stringenti nelle concessioni del credito, imposte alle banche dopo i grandi crac e la dura crisi finanziaria.
Che il fiuto dell’analista possa aver annusato bene, lo conferma il ritorno sulla scena nelle fusioni e acquisizioni (M&A) di Marco Tronchetti Provera, uno dei principali sponsor dei leverage. Portò a compimento lo schema di Roberto Colaninno quando gli subentrò al comando di Telecom Italia e utilizzò il leverage sistematicamente nella creazione del ramo immobiliare di Pirelli, la Real Estate, ai tempi guidata da Carlo Puri Negri. Nel primo caso lo chiuse fondendo le varie scatole di controllo in Telecom Italia per scaricare il debito originario (ridotto da 43 a 29 miliardi) sulla società operativa, che però non si è mai più risollevata, nel secondo creò dei veicoli per comprare e vendere immobili utilizzando il 20% di capitale e l’80% di debito.
Tutte le volte al suo fianco figuravano le più grandi banche d’affari mondiali, sempre pronte a cogliere l’occasione per incassare commissioni senza grande interesse per le possibili ripercussioni sulle società industriali. Ora Tronchetti Provera ci riprova insieme con i cinesi di ChemChina che con l’aiuto di Jp Morgan e Citi lanceranno un’offerta a debito su Pirelli. Dei 7,2 miliardi di euro necessari per togliere la società da Piazza Affari, 4 miliardi (pari al 55% dell’offerta) verranno forniti dalle banche. Non sono più le percentuali dell’età dell’oro del leverage buyout, ma sono in linea coi tempi attuali, in cui anche per chi compra una casa le banche sono pronte a finanziare poco più del 50% dell’importo richiesto.
Gli acquisti a leva non hanno mai fatto bene alle aziende, perché vincolano gli investimenti e richiedono continui tagli, ma solo (e neanche sempre) quello dei loro azionisti. La posta in gioco è la Pirelli e la sua storia. La nuova holding che prenderà il controllo avrà due vie, non per forza l’una alternativa all’altra, per ripagarsi il prezzo di acquisto: o vendere a pezzi la vecchia Pirelli, con tutte le conseguenze di una politica industriale del genere. Oppure incassando dividendi. Nel secondo caso, vista l’ultima cedola di 0,367 euro ad azione, i nuovi azionisti con in mano il 100% di Pirelli, impiegheranno 23 anni per ripagarsi il debito. La terza via, di cui finora nessuno ha parlato, è quella di fondere la holding con la preda, scaricando il peso dell'acquisto sulla Pirelli. Se così fosse, avrà visto bene Mister Watters.

ARTICOLO DI  WALTER GALBIATI

TRATTO DAL SITO : www.repubblica.it/economia/finanza/2015/04/01


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