"A
Milano ci avrebbero ignorato comunque, anche senza scontri "
Di Giorgio
Cremaschi
Le reazioni
delle istituzioni, dei mass media e della opinione pubblica agli incidenti di
Milano, hanno mostrato quanto sia oramai devastato lo spirito democratico in questo
paese. È ovviamente comprensibile la rabbia delle 50 persone a cui è stata
distrutta l'automobile, o dei quindici negozianti che hanno avuto le vetrine
infrante. In effetti essi non c'entrano e colpire i loro beni per me è
ingiusto. Tuttavia quanto è avvenuto non è minimamente paragonabile ai
disordini nelle città europee in qualcuno degli ultimi grandi eventi. A
Francoforte in occasione della inaugurazione della nuova sede BCE è successo
molto di peggio. Per non parlare di quello che capita normalmente oramai negli
Stati Uniti o della rivolta nelle strade di Rio alla vigilia dei mondiali di
calcio. In tutti questi casi da noi si sono sprecate analisi comprensive e
compassionevoli sul disagio. Ma appena questo disagio è comparso in casa
nostra, i più moderati tra i commentatori di palazzo hanno chiesto la legge
marziale.
Il peggiore
mi è apparso il sindaco di Milano. Il grido di sapore biblico da lui lanciato,
nessuno tocchi Milano, che cosa vuol dire, che altrove si può? E quando la
città è stata devastata da ruberie, tangenti, mafie, disoccupazione,
devastazioni ambientali, vetrine a migliaia chiuse in periferia per lo
strangolamento della crisi e delle banche, non è stata toccata allora Milano?
Certo scendere in piazza in quei frangenti era più duro e rischioso, magari si
sarebbero pestati i piedi a qualche potere forte, per puro sbaglio
naturalmente.
Ma la vera
indignazione è stata in realtà per l'immagine dell'Expo offuscata dai
disordini. L'Expo dà lavoro ha detto rabbioso uno dei pulitori volontari,
rivolto ad una ragazza coraggiosa, che ha tutta la mia ammirazione e che da
sola ha provato a discutere con i cittadini indignati.
Modello Expo
si disse da destra e sinistra quando la Confindustria, le istituzioni e CGlL,
CISL UIL firmarono l'accordo che autorizzava poco lavoro sottopagato e tanto
gratuito. Modello Expo si aggiunge ora, quando gli ipocriti della sinistra ben
pensante e ancora meglio retribuita hanno presentato la fiera come una specie
di Social Forum di sei mesi, impegnato a trovare e ricette contro la fame nel
mondo.
Modello Expo
ha chiarito Renzi, celebrando la fiera come occasione di grandi affarii,
proprio per questo appaltata a quelle multinazionali che, dice Vandana Shiva,
affamano il pianeta.
Expo è una
fiera che serve a mostrare quanto è vendibile il nostro paese, il suo ambiente,
il suo lavoro. L'Italia è sul mercato e Expo ne è la vetrina. Questa è la vera
risposta alla crisi che Renzi propone e sulla quale, assieme a tutto il potere
economico che lo sostiene, gioca la partita del consenso. Basta con i vecchi
scrupoli, i lacci e lacciuoli che frenano lo sviluppo. Basta con l'articolo 18
e con i vincoli ambientali, ha promesso Renzi alla Borsa. Basta con i diritti,
rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci al lavoro e chi pone ostacoli è contro
la nazione.
Questo
messaggio reazionario di massa ha conquistato un PD sconfitto e rassegnato nei
suoi valori, sottomesso al capitalismo globalizzato e alla ricchezza, ma
abbarbicato al potere. Renzi è la sintesi perfetta di questa storia politica e
per questo ridicolizza ogni opposizione interna, così come rende oramai inutile
la vecchia destra berlusconiana.
Con il
jobsact, la buona scuola, l'italicum il governo ha devastato ciò che restava
dei principi e delle regole fondanti la nostra Costituzione. Resta solo da
cambiare l'articolo uno, sostituendo lavoro con mercato e popolo con leader e
poi tutto è fatto.
Questa
Italia sul mercato è quella che ha assunto l'Expo come bandiera. La maggioranza
del paese è d'accordo? Può essere, ma essa non è tutto e chi è contro non è
piccola cosa. Solo che chi non accetta questo modello sociale e politico non ha
diritto a veder riconosciute le proprie posizioni. La controriforma
costituzionale di Renzi afferma la dittatura della maggioranza, anzi della più
grossa minoranza. E sopra questo governo neoautoritario sta il potere delle
Troika finanziaria e burocratica che comanda in Europa. La Grecia non può
decidere liberamente di non far morire di fame i disoccupati, perché come si
diceva una volta, è un paese a sovranità limitata. Un potere sempre più chiuso
e autoritario è poi sostenuto da un sistema mediatico embedded, come la stampa
che seguiva sui carri armati le guerre di Bush.
Che gli
incidenti abbiano oscurato le ragioni dei manifestanti della Mayday di Milano
non è vero. Il 28 febbraio in diecimila abbiamo manifestato a Milano contro il
jobsact e il lavoro gratuito per Expo. Eravamo in gran parte militanti del
sindacalismo di base e della corrente di opposizione in Cgil, moltissimi erano
i migranti. È stata una manifestazione serena e viva che si è conclusa con una
assemblea popolare in Piazza S.Babila. Non abbiamo lasciato per terra neppure
le carte delle caramelle e siamo stati semplicemente ignorati dal circuito dei
mass media. D'altra parte dove ci sono stati pubblici confronti sulle ragioni
dei Noexpo, dove si son potute liberamente confrontare le due diverse
posizioni? Non facciamo gli ipocriti, chi è contro il dominio di imprese e
mercato nell'Italia di oggi é sostanzialmente clandestino e se prova a metter
fuori la testa c'è chi minaccia di tagliargliela. I tranvieri di Milano hanno
scioperato il 28 aprile contro i turni gravosi e pericolosi imposti per Expo.
Apriti cielo, ministri della Repubblica han chiesto di liquidare il diritto di
sciopero e i più moderati hanno aggiunto: solo durante le fiere. In questi
giorni in Germania i macchinisti dei treni scioperano per sei giorni di seguito
bloccando il paese, ma nessun governante chiede leggi speciali. Da noi avremmo
talkshow ove tra gli applausi si invocherebbe la galera. Subito dopo i fatti di
Milano Renzi è stato contestato pacificamente a Bologna, ma non uno dei
telegiornali ha fatto vedere gli insegnanti precari bastonati duramente dalla
polizia.
C'è una
sordità ed una prepotenza del potere che porta naturalmente alla ribellione di
chi non ci sta. E chi si ribella lo fa nei modi che questa società stessa
offre. Certo Manpower e un'automobile non sono la stessa cosa. Certo le azioni
dirette non sono gesto fine a sé stesso, devono comunque essere parte di un
conflitto più vasto e riconosciuto da chi lo pratica. Ma il tempo delle
dissociazioni, della distinzione in buoni e cattivi è finito. Certo che ci sono
azioni sbagliate, ma sarà chi lotta a giudicarle. Bisogna che si capisca che
non si può distruggere la Costituzione nata dalla Resistenza, ridurre tutto a
merce e mercato e poi usare il linguaggio della prima repubblica quando si
spaccano le vetrine. Per me la distruzione del mondo dei partiti di massa, del
potere sindacale, dei diritti certi e dello stato sociale è stata una
catastrofe. Per chi governa oggi invece questo è il progresso. Di questo
progresso i fatti di Milano sono inevitabile conseguenza. Per questo sto con
tutti quelli che sono scesi in piazza il 1 maggio, anche con coloro che han fatto
azioni che non condivido.
Giorgio
Cremaschi
http://www.infoaut.org/index.php/blog/notes/item/14577-a-milano-ci-avrebbero-ignorato-comunque-anche-senza-scontri-di-giorgio-cremaschi
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