23
maggio 2015
Mobilitazione
di migliaia di manifestanti da Parigi à
Los Angeles, da Ouagadougou a Rio.
In
Italia piazze vuote, intanto la Monsanto finanzia l’Expo
di
Patrizia Cammarata
Si è tenuta
sabato 23 maggio la terza edizione della March Against Monsanto (Marcia
contro Monsanto). La Monsanto Company è
un'azienda multinazionale di biotecnologie agrarie, con circa 18.000 dipendenti
e un fatturato dichiarato nel 2007 di 8,5 miliardi di dollari, è produttore di
mezzi tecnici per l'agricoltura, è nota nel settore della produzione di sementi
transgeniche e, da marzo , dopo
l'acquisizione della Seminis Inc, è anche il maggior produttore mondiale di
sementi convenzionali.
L'organizzatrice
della marcia contro questo colosso è una donna: Tamil Canal Monroe,
statunitense, madre di due bambine. Sono le sue figlie, ha spiegato, la
motivazione che ha spinto Tamil ad organizzare, insieme a numerosi
attivisti, la manifestazione a livello
mondiale, perché preoccupata per la salute delle generazioni future:“Credo che
Monsanto sia una minaccia per la salute, la longevità e la fertilità della loro
generazione. Non potevo starmene seduta con le mani in mano, aspettando che
qualcun altro si decidesse a far qualcosa.”
I temi
portanti della marcia del 23 maggio toccano soltanto la punta dell’iceberg di un problema mondiale, nella battaglia
contro la Monsanto non vi è in gioco soltanto la possibilità di scelta del
consumatore, ma il futuro stesso delle generazioni future. La Monsanto ha iniziato a spargere i suoi veleni nel
mondo dagli inizi del ‘900 ed è
tristemente famosa per essere una delle sigle che ha prodotto l’agente Orange,
usato come arma chimica durante la guerra contro il Vietnam, i cui effetti
tossici sono andati oltre i tempi del conflitto causando successivamente la
nascita di tanti bambini con problematiche gravi. Ma la marcia punta il dito
contro la Monsanto anche per quello che sta accadendo ogni giorno nel nostro
pianeta attraverso l’uso congiunto degli OGM (organismi geneticamente
modificati) e dei pesticidi, una catastrofe ambientale e una catastrofe per la
vita di milioni di contadini poveri e di popolazioni. La scintilla che ha fatto
scattare la manifestazione di quest’anno è stata l'approvazione in Usa del
Monsanto Protection Act (Atto di protezione Monsanto, in cui si legalizza
l’assenza di controlli su ogm), approvato dal presidente Barack Obama
nonostante 250 mila persone abbiano firmato una petizione per chiedere di
annullare la legge di protezione (una prova in più, se già non ce ne fossero a
sufficienza, che le petizioni rivolte agli stessi carnefici o amici dei
carnefici, servono a poco, se non a nulla).
Una manifestazione
mondiale
L’appello a
manifestare contro la Monsanto è stato accolto da migliaia di persone, da
Parigi à Los Angeles, dalla capitale del Burkina Faso, Ouagadougou, a Rio de Janeiro in Brasile, così come cortei
di protesta si sono svolti in Austria, Olanda, Regno Unito, Germania e Russia.
Il prodotto
faro della Monsanto, l'erbicida Round Up, è stato recentemente classificato
come «probabilmente cancerogeno» dall'agenzia per gli studi sul cancro
dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Contro quest’erbicida continuamente
commerciato senza riserve, ed in maniera generale contro OGM, pesticidi ed
altri prodotti chimici, si sono mobilitati i manifestanti a Parigi, imitati in
altre città francesi come Rennes, dove un cartello recitava «Voglia di un
piccolo suicidio collettivo? Abbiate il riflesso Round Up». In Francia persone
di tutte le età hanno chiesto l’obbligo di evidenziare nelle etichette di
prodotti di provenienza estera i contenuti provenienti da OGM o ricavati da
animali nutriti con OGM, e che i pesticidi responsabili della silenziosa ma
inquietante morte delle api, denunciati da Greenpeace, siano messi al bando.
A Strasburgo
i manifestanti hanno osservato un minuto di silenzio davanti al Parlamento
Europeo, in « in omaggio alle vittime d’oggi e di domani avvelenate dai
pesticidi ». In Svizzera si sono svolte manifestazioni a Bâle e a Morgues, dove
Monsanto possiede la propria sede per l'Europa, proteste sono avvenute in
Africa e in Medio Oriente, manifestanti hanno protestato sotto il sole della
California, a Los Angeles, e in Burkina Faso, solo Paese dell'Africa
occidentale ad aver sperimentato la cultura del cotone transgenico in campo
aperto, i manifestanti d’Ouagadougou hanno richiesto alle autorità del proprio
Paese «una moratoria di almeno dieci anni » per organizzare delle «ricerche
indipendenti» sugli OGM. A Rio de
Janeiro i manifestanti hanno intonato canti in cui accusavano Monsanto di
«bioterrorismo», mentre in Cile le proteste hanno chiesto la chiusura delle
industrie Monsanto presenti nel Paese e la fine della produzione di cibi
geneticamente modificati.
In Italia piazze vuote, la Monsanto
finanzia l’Expo
Nessuna
manifestazione degna di nota, invece, si è svolta in Italia. Un invito su
facebook proponeva un appuntamento a Roma, in via Marsala, ma chi è arrivato ha
trovato i poliziotti e nemmeno l'ombra di una manifestazione che non c'è stata
perché ufficialmente non c'erano i permessi e le persone presenti erano troppo
poco numerose per imporre una manifestazione non autorizzata. Questo, forse,
significa che nessuna delle associazioni per la difesa dell’ambiente in Italia
si è attivata per organizzare un pur minimo presidio nella capitale.
Eppure di
motivi, anche in Italia, ce ne sono in
abbondanza per protestare su quest’argomento. Lo Iarc, l’Agenzia internazionale
per la ricerca sul cancro, ha inserito il pesticida glifosato della Monsanto
tra i potenziali cancerogeni e, mentre questo accadeva, il governo Pd del
premier Renzi si è pronunciato per un piano per l’uso
“sostenibile” dei prodotti chimici in agricoltura.
Inoltre la
Commissione Europea ha preparato il terreno per il TTIP (Il Trattato
transatlantico per il commercio e gli investimenti, accordo commerciale di
libero scambio in corso di negoziato del 2013 tra L’Unione Europea e gli Stati
Uniti d’America):. entro maggio saranno approvati nuovi prodotti OGM che gli
Stati potrebbero non riuscire a vietare.
Molte
associazioni che si battono ogni giorno contro la devastazione dell’ambiente e
a favore dell’agricoltura biologica sono presenti con stand e materiale all’Expo
di Milano, inaugurato il 1 maggio scorso, fra le proteste della piazza. Una
vetrina internazionale finanziata da
Coca Cola, McDonald, Nestlé e Monsanto.
E’
necessario che chi si batte giornalmente per un mondo diverso, per preservare
le future generazioni dalla catastrofe, rimanga dall’altra parte della
barricata, cioè nelle piazze che in questi giorni hanno protestato contro le
multinazionali della morte. E’ necessario che i comitati e le associazioni che
si battono quotidianamente per la difesa dell’ambiente contribuiscano alla
costruzione di un largo movimento di massa, un movimento che unisca chi si
batte per la difesa dell’ambiente e contro l’ingordigia delle multinazionali,
con chi si batte contro la privatizzazione della scuola pubblica, la difesa della
sanità, per la difesa dei posti di lavoro,
come ha tentato di fare la parte migliore della protesta scesa in piazza
il 1 maggio scorso a Milano.
E’
necessario denunciare che non si può sperare di “nutrire il pianeta”, e
soprattutto nutrirlo in modo sano, partecipando alle vetrine internazionali
pagate con il denaro sporco di sangue delle vittime di chi questo pianeta lo
distrugge ogni giorno per il profitti di pochi capitalisti.
E’
necessario, per vincere, oggi come
sempre nella storia, scendere in piazza uniti.
Donne in Lotta No
Austerity
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