Ne
soffre il 10-17% delle donne in età fertile. Si tratta di una presenza
'anomala' del tessuto che riveste l'utero in organi diversi: "E' una malattia cronica su cui -
denunciano le associazioni - c'é molta ignoranza e confusione", spesso
scambiata con i dolori mestruali
Dopo tanti
anni di lotte, convegni e attività di sensibilizzazione, l’unico risultato
concreto di aiuto per le donne che soffrono di endometriosi (una malattia
cronica, in cui del tessuto simile a quello endometriale che riveste la parete
interna dell’utero, viene a trovarsi in sedi anomale, come ovaie, tube,
legamenti utero-sacrali, vescica, retto, ureteri, reni e qualunque organo del
corpo) è stato ottenuto in questi giorni con il suo inserimento, nelle nuove
tabelle Inps (le ultime risalivano al 1992). A seconda dello stadio e della
gravità della patologia, si acquisiscono quindi dei punti ai fini
dell’invalidità civile. Ma le donne colpite da questa malattia restano
non-esenti dal ticket, e sono quindi costrette a pagarsi esami, visite e
farmaci, spendendo circa 1500 euro l’anno.
I numeri. E’
una patologia su cui, denunciano le associazioni, c’é molta ignoranza e
confusione. A soffrirne, secondo i dati dell’Associazione italiana endometriosi
(Aie), é il 10-17% delle donne in età fertile, cioè 14 milioni di persone in
Europa, di cui 3 in Italia. Non sempre le pazienti ottengono una diagnosi
corretta in tempi brevi.
Malattia
sottovalutata. L’idea diffusa é che si tratti di dolori ‘normali’, che devono
essere sopportati. Ma in realtà sono così forti che impediscono qualsiasi
attività, rendendo doloroso anche avere rapporti sessuali o urinare. “Purtroppo
spesso sono le stesse donne che non riconoscono il problema – spiega Jacqueline
Veit, presidente dell’Aie, che offre supporto e assistenza – perché pensano di
essere ‘nate per soffrire’, che i dolori mestruali siano normali, e anche molti
medici non siano preparati a sufficienza o tendono a sottovalutare i sintomi”.
Questa patologia è caratterizzata dalla presenza ‘anomala’ del tessuto che
riveste l’utero in organi diversi; ma pur essendo ‘fuori posto’ subisce gli
stessi influssi ormonali di quello endometriale, e quindi ciclicamente
prolifera, si sfalda e sanguina, mimando la mestruazione. Il sangue, non avendo
una naturale via d’uscita, causa reazioni infiammatorie, e lesioni che
irrigidiscono gli organi.
Poche
terapie. “Le terapie disponibili – aggiunge Silvia Merlo, membro di Ape Onlus
(Associazione Progetto Endometriosi) – sono più che altro dei palliativi, che
permettono di gestire meglio il dolore e i sintomi. Oltre all‘intervento
chirurgico, si usa la pillola anticoncezionale, farmaci antidolorifici o si
induce una menopausa farmacologica”. Una patologia di questo tipo influenza la
vita quotidiana: “Molte donne sono costrette ad assentarsi, prima dalle lezioni
di scuola, e poi dal lavoro per l’intensità dei dolori. Spesso senza essere
credute o prese per pazze”. Si stima, riferisce l’Aie, che in Europa il valore
delle ore lavorative perse a causa della malattia ammonti a ben 30 miliardi di
euro l’anno.
Gli
interventi. Per migliorare la vita di queste donne, gli interventi da fare sono
pochi e chiari. “Vanno formati soprattutto i medici di medicina generale –
chiarisce Marisa Di Mizio, presidente di Ape Onlus – nonché gli specialisti e
chi lavora nei consultori. Per questo abbiamo avviato il progetto ‘Costruendo’,
con cui, in collaborazione con l’ordine dei medici locale, organizziamo dei
corsi per offrire strumenti per una diagnosi precoce. Finora l’abbiamo fatto a
Reggio Emilia, Parma, Brescia, Lugano e presto ci allargheremo anche a Roma”.
Ma il prossimo traguardo è raggiungere l’esenzione dal ticket: “Se c’é per la
tiroide – conclude Veit – per cui si prendono dei farmaci ed è necessario fare
dei dosaggi periodici, perché non anche per l’endometriosi, per cui servono più
visite e analisi?”.
Nessun commento:
Posta un commento
Cara lettrice, caro lettore,
abbiamo deciso di porre alcuna restrizione ai commenti: chiunque può commentare come meglio ritiene, anche in forma anonima, i post di CUBlog. Tuttavia apprezziamo sia la buona educazione (anche nel dissenso più aspro) sia la vostra firma.
La Redazione di CUBlog