San
Paolo, 18 settembre
Brasile,
decine di migliaia in piazza:
blocchiamo
il Paese!
Leggete con
attenzione questo articolo perché, in Italia, difficilmente avrete occasione di
leggere altrove di quello che sta realmente accadendo in Brasile, uno dei Paesi
più grandi del mondo, considerato, almeno fino a poco tempo fa, una delle
principali
economie "emergenti". Mentre sentirete parlare delle "grandi manifestazioni" promosse dai partiti di destra per chiedere l'impeachment di Dilma Rousseff, nessuno vi parlerà delle grandi manifestazioni e delle proteste operaie e di massa che stanno attraversando il Brasile, al grido di "nós paramos o Brasil" ("blocchiamo il Brasile").
economie "emergenti". Mentre sentirete parlare delle "grandi manifestazioni" promosse dai partiti di destra per chiedere l'impeachment di Dilma Rousseff, nessuno vi parlerà delle grandi manifestazioni e delle proteste operaie e di massa che stanno attraversando il Brasile, al grido di "nós paramos o Brasil" ("blocchiamo il Brasile").
Il 18
settembre sono scese in piazza a San Paolo, contro il governo Dilma e contro le
destre, decine di migliaia di persone (quella che in Italia, vista l'abitudine
di certa sinistra a moltiplicare le cifre a uso stampa, si sarebbe detta una
manifestazione "da centomila"). Un corteo enorme (come si vede dalle
foto impressionanti), promosso dal sindacato Csp Conlutas con oltre 40 sigle
sindacali, di movimento e politiche, con un ruolo dirigente di primo piano del
Pstu (il partito fratello del Pdac in Brasile). Domenica 19 è stata la volta di
una enorme assemblea (con delegazioni di operai, donne, studenti, neri, lgbt da
diverse città del Brasile), nel corso della quale si è deciso di rilanciare la
mobilitazione, fino allo sciopero generale.
Il
mito del Lula operaio
In Italia
quasi nessuno parla della straordinaria stagione di lotte che si è aperta in
Brasile e, soprattutto, del ruolo importante che stanno svolgendo in essa il
Pstu e la Csp Conlutas, il più grande sindacato di base e di classe del mondo
(con circa 3 milioni e mezzo di affiliati). Difficile fare piazza pulita delle
illusioni che per anni hanno ubriacato la sinistra di casa nostra: ovverosia
che il governo di fronte popolare a guida Pt (il partito dei lavoratori di Lula
e Dilma) sia il "governo della classe operaia", simbolo di una grande
speranza di cambiamento.
Ma, nella
realtà, a parte qualche concessione di facciata (come la "bolsa
familia", di fatto un'elemosina a vantaggio delle famiglie più povere), il
governo di centrosinistra ha agito a sostegno degli investimenti delle
multinazionali (in particolare quelle del settore automobilistico, dalla Fiat
alla General Motors alla Volkswagen), sulla base di accordi centrati su bassi
salari e alti profitti: le multinazionali hanno così avuto un aiuto prezioso da
Lula e Dilma nell'attuazione delle loro politiche di delocalizzazione e
sfruttamento.
Per alcuni
anni la relativa crescita economica del Brasile ha dato l'impressione di un
miglioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice, con una
conseguente pace sociale funzionale agli investimenti del grande capitale
internazionale: una pace sociale garantita dal radicamento operaio del Partito
dei lavoratori (il partito di Lula e Dilma appunto), strettamente legato alla
Cut, la principale confederazione sindacale del Brasile.
Sull'onda
della crisi economica mondiale, le cose hanno cominciato a cambiare. Il governo
ha attuato, progressivamente, sempre più pesanti politiche di austerità: tagli
allo stato sociale, privatizzazioni, congelamento dei salari dei dipendenti
pubblici, tutto accompagnato da aiuti e finanziamenti diretti e indiretti alle
multinazionali e alle banche.
L'invenzione
del golpe
Tutto questo
ha determinato la frattura tra la base sociale tradizionale del Partito dei
lavoratori e il governo, generando un fortissimo malcontento popolare e,
soprattutto, operaio. I partiti della destra approfittano di questo discredito,
propongono l'impeachment accusando il governo di corruzione (per l'utilizzo di
fondi pubblici in campagna elettorale) e cavalcano il malcontento popolare
promuovendo manifestazioni di piazza contro Dilma. Il governo per difendere la
propria politica di attacchi alla classe lavoratrice e al contempo cercare di
reagire al discredito in cui è caduto utilizza lo spauracchio del
"golpe". Uno spauracchio, appunto: non ha nessun fondamento dire che
oggi ci sia in Brasile il rischio di un golpe militare, visto che il capitale
internazionale non ne avrebbe nessun bisogno, considerato quanto si sono
riempite le pance delle multinazionali all'ombra dei governi di Lula e Dilma...
(1)
La verità è
ben diversa. In Brasile si è aperta una fase prerivoluzionaria, con
un'esplosione di lotte quotidiane, nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, che
pongono all'ordine del giorno non solo le rivendicazioni salariali, ma anche la
cacciata del governo. L'espressione più nota in Europa di questa nuova fase
sono le manifestazioni del giugno 2014, in occasione dei mondiali di calcio,
quando decine di migliaia di giovani sono scesi in strada per protestare contro
l'aumento del prezzo del biglietto dei trasporti pubblici e per dire no agli
sprechi dei mondiali. Ma i sommovimenti in Brasile sono ben più profondi: la
classe operaia sta prendendo coscienza del fatto che ben poco di
"operaio" ha messo in atto il partito del "presidente
operaio" (2): e ora la sfida è aperta.
La
capitolazione della sinistra riformista e il ruolo fondamentale del Pstu
A metà
agosto di quest'anno la destra che punta all'alternanza di governo ha
organizzato alcune manifestazioni in tutto il Paese per chiedere
l'incriminazione di Dilma: le manifestazioni sono state molto partecipate,
proprio in virtù del malcontento popolare nei confronti del governo. A sua
volta, Dilma ha promosso, qualche giorno dopo (il 20 agosto) una manifestazione
a difesa del governo, facendo appello a tutti i movimenti e i partiti della
sinistra (anche quella all'opposizione) a scendere in piazza contro "il
pericolo delle destre": un ritornello che, come sappiamo bene anche noi in
Italia, spesso utilizzano le forze politiche che non hanno una politica di
alternativa di potere e di sistema e finiscono così per sostenere il "meno
peggio". E' così che alcuni partiti e movimenti della sinistra brasiliana,
dal Psol (partito riformista) ai Sem Terra, hanno deciso di partecipare alla
manifestazione a difesa di Dilma: una manifestazione, come era prevedibile,
disertata dalla classe lavoratrice: perché mai gli operai e i giovani avrebbero
dovuto scendere in piazza per difendere un governo che li sta massacrando?
Per fortuna,
in Brasile esiste una sinistra rivoluzionaria che non capitola a queste
pressioni: il Pstu, la sezione brasiliana della Lega Internazionale dei
Lavoratori - Quarta Internazionale, ha un forte radicamento nella classe
operaia brasiliana, dai metalmeccanici agli operai edili, fino ai lavoratori
dei cantieri navali e dei trasporti (tra cui i famosi "metroviarios"
che paralizzarono San Paolo alla vigilia dei mondiali). E' grazie al Pstu se in
Brasile esiste un sindacato come la Csp Conlutas, che raggruppa milioni di
lavoratori, lavoratrici, movimenti e che ha fatto appello a costruire un polo
di classe, alternativo al governo e alle destre. E' grazie ai rivoluzionari che
il 18 settembre, per le strade di San Paolo, hanno marciato decine di migliaia
di lavoratori al grido di "Basta Dilma", per rivendicare
un'alternativa di potere al governo di collaborazione di classe.
Come Pdac
(sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale) facciamo appello a tutte le
organizzazioni e ai movimenti della sinistra classista in Italia a sostenere
questo fronte di lotta in Brasile e a infrangere la barriera di silenzio (3) su
queste grandi mobilitazioni dirette dalla sinistra rivoluzionaria. Rafforzare
il Pstu e la battaglia delle masse operaie in Brasile significa rafforzare una
prospettiva rivoluzionaria su scala internazionale, contro i tradimenti della
sinistra riformista.
Note
(1)
La stessa Dilma,
rendendosi evidentemente conto dell'assurdità di questa invenzione del
"golpe", parla del rischio di "una forma moderna di golpe",
riferendosi a una probabile caduta del governo anticipata rispetto al mandato
elettorale. Applicando questa definizione in Italia... negli ultimi anni ci
sarebbero stati innumerevoli "golpe", visto i numerosi ribaltoni
governativi.
(2)
Così è stato definito
Lula dalla stampa internazionale, in quanto ex operaio metalmeccanico salito
alla presidenza del Brasile nel 2002 col 61% dei voti.
(3)
Vergognoso e
incomprensibile che in Italia, a parte rarissime eccezioni (il Pdac, il
Si.Cobas e il Coordinamento No Austerity) tutta la sinistra (inclusa quella
sedicente rivoluzionaria) taccia su queste mobilitazioni, attualmente le uniche
nel mondo dirette da un partito rivoluzionario.
Fabiana Stefanoni
Alcune immagini della manifestazione del 18 e dell'assemblea del 19 settembre.
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