Il rapporto Oxfam "Partire a pari merito" dimostra
che la recessione non è per tutti. Anzi, gli anni di declino economico hanno
visto aumentare la concentrazione di grandi patrimoni. A discapito dei più
poveri, e dello sviluppo economico
Christian Benna
Ricchi e poveri: la
crisi aumenta le diseguaglianze La crisi
è una grande opportunità. È dal 2008 che economisti, scienziati e politici
ripetono a perdifiato questo mantra dal
sapore antidepressivo. E infatti, per qualcuno, gli anni di declino economico
sono stati un vero affare. Secondo la classifica dei super ricchi di
Forbes, i miliardari del pianeta sono
raddoppiati: erano 793 nel 2009 oggi sono 1645.
E non solo. Tra il 2013 e il 2014, le 85 persone più ricche al mondo
hanno aumentato la loro ricchezza di 668
milioni di dollari al giorno, quasi mezzo milione di dollari al minuto. Negli
ultimi 4 anni la ricchezza aggregata degli attuali miliardari è aumentata del
124% e ora è balzata a 5.400 miliardi di
dollari, pari a due volte il Pil di paesi avanzati, come la Francia. Purtroppo
il resto del pianeta non può brindare con vecchi e nuovi miliardari. Perché,
nello stesso lasso di tempo in cui sono
prosperate le grandi fortune, la povertà
si è diffusa sempre di più su scala globale.
Tanto che gli 85 super miliardari posseggono la stessa
ricchezza della metà della popolazione più povera al mondo. Numeri e analisi
del divario tra ricchi e poveri sono contenuti nello studio di Oxfam:
"Partire a pari merito: eliminare la disuguaglianza estrema per eliminare
la povertà estrema", una fotografia sul mondo che viaggia a due velocità.
Miraggio benessere
Il gap tra ricchi e poveri è sempre più profondo. Infatti 7
persone su 10 vivono in paesi in cui il divario tra indigenza e benessere è
maggiore di quanto non fosse 30 anni fa. Secondo Winnie Byanyima, direttore
esecutivo di Oxfam International, il solco non è solo un problema di giustizia
sociale, ma anche di sviluppo economico. "Questi dati - ha detto Winnie Byanyima - ci mostrano una
realtà che non possiamo evitare di vedere: l'estrema disuguaglianza economica
oggi non è uno stimolo alla crescita, ma un ostacolo al benessere dei più.
Finché i governi del mondo non agiranno per contrastarla, la spirale della
disuguaglianza continuerà a crescere, con effetti corrosivi sulle istituzioni
democratiche, sulle pari opportunità e sulla stabilità globale". Che gli argini alla povertà siano sempre più sottili e fragili lo
denunciano anche le Nazioni Unite nel report "Inequality matters",
prendendo spunto dal caso dell'India, la potenza economica emergente -
capace di sfornare tycoons miliardari
- ma con buona parte della
popolazione a rischio denutrizione. Nel 2009 tre quarti della popolazione del
subcontinente cercava di sfamarsi con
meno di 2400 calorie al giorno, mentre
negli anni ottanta la povertà estrema riguardava il 54% degli indiani. E il numero degli indigenti in Africa
Subsahariana è aumentato da 376 milioni del 1999 a 414 milioni di oggi.
Povertà è donna
Sono appena 23 le
donne con ruolo di amministratore delegato della lista Fortune 500 e sono solo 3 fra le 30 persone più ricche.
Nella fascia altissima della scala sociale le pari opportunità restano un
miraggio a quasi tutte le latitudini. In quella bassa è invece una questione di
sopravvivenza che vede le donne in fondo alla classifica dell'ingiustizia
sociale. Il divario salariale tra
uomini e donne rimane molto ampio in
tutto il mondo: a parità di tipologia di lavoro la retribuzione femminile media
è inferiore a quella maschile dal 10 al 30%, in tutte le regioni e in tutti i
settori. Questo divario, fa notare
Oxfam, sta diminuendo, ma all'attuale
ritmo di riduzione ci vorranno almeno 75
anni per concretizzare il principio della parità di salario a parità di lavoro.
E poi sono 600 milioni le donne, pari al
53% delle lavoratrici del mondo, che non
hanno la sicurezza del posto lavoro e generalmente non sono tutelate dalla
legge.
Salario
minimo e Welfare
Tra le raccomandazioni fatte da Oxfam nel report per uscire
dalla spirale della povertà ci sono la
necessità che gli Stati del promuovano politiche tese a garantire un salario
minimo dignitoso; ridurre il divario tra le retribuzioni di uomini e
donne; assicurare reti di protezione
sociale e accesso a salute e istruzione gratuite per i loro cittadini. L'accesso
a servizi essenziali gratuiti è ritenuto fondamentale per rompere il ciclo
della povertà tra le generazioni. Basterebbe poi l'1,5% delle super-ricchezze basterebbe per
garantire istruzione e sanità a tutti i cittadini dei paesi più poveri. Oxfam
calcola che una tassazione di appena l'1,5% sui patrimoni dei miliardari del
mondo, se praticata subito dopo la crisi finanziaria, avrebbe potuto salvare 23
milioni di vite nei 49 Paesi più poveri fornendo loro il denaro da investire in
cure sanitarie.
L'Italia
non s'è desta
Il divario tra sud e nord del mondo è sempre più accentuato.
Ma il fenomeno dilaga anche nei paesi avanzati. E purtroppo anche in Italia.
Secondo l'OCSE, da metà degli anni '80 fino al 2008, la disuguaglianza
economica è cresciuta del 33% (dato più alto fra i paesi avanzati, la cui media
è del 12%). Al punto che oggi l'1% delle persone più ricche detiene più di
quanto posseduto dal 60% della popolazione (36,6 milioni di persone); mentre
dal 2008 a oggi, gli italiani che versano in povertà assoluta sono quasi
raddoppiati fino ad arrivare a oltre 6 milioni, rappresentando quasi il 10%
dell'intera popolazione. Secondo la Coldiretti sono 4 milioni gli italiani che
chiedono un aiuto per mangiare. Per la
Cia, la confederazione degli agricoltori, le famiglie che hanno tagliato gli acquisti
alimentari sono addirittura il 65% del totale.
Povero Gini
Corrado Gini
(1884-1965) è stato uno statistico italiano di fama internazionale. La
sua notorietà, oltre al fatto di aver diretto per primo la neonata Istat (dal
1926 al 1932), è legata anche all'indice
che porta il suo nome e che misura la concentrazione delle disuguaglianze. Il
coefficiente di calcolo è stato sviluppato da Gini nel 1912 sulla base
delle differenze di reddito, il cui valore può variare tra zero e uno,
oppure può essere espresso in
percentuali da 0% - 100%. Valori bassi indicano una distribuzione omogenea, mentre valori alti una
distribuzione più disuguale. Con la
soluzione di Gini, la statistica sociale esce dalle variabili "mediane"
(che rappresentante la maggior parte della popolazione, come il reddito
procapite) per analizzare invece le differenze. Fino a ieri questo termometro
misurava le distanze tra mondo industrializzato e quello in via di sviluppo.
Oggi è solco sempre più profondo che divide l'Italia. L'indice di disuguaglianza nel nostro paese è
pari 0,32 a livello nazionale, 0,34 nel Sud. Il che vale a dire che il 20% più
ricco delle famiglie percepisce il 37,7% del reddito totale, mentre al 20% più
povero spetta il 7,9%.
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