I lavoratori non sono una merce!
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tagli in FLINT per essere più “competitivi”...
...
e la Responsabilità Sociale va a farsi fottere !
Il
piano di ristrutturazione aziendale della FLINT Group Italia costa 27 riduzioni
di posti di lavoro su un totale di 390 dipendenti tra operai e impiegati, più
12 lavoratori a termine sempre più invisibili da questo grave impatto sociale. Mentre
i dirigenti in forza sono 24 che sull’organico complessivo contano 1 dirigente
ogni 16 dipendenti.
Le
strategie di ristrutturazione per il rilancio di “competitività” del management
industriale è fatta di tagli da far pagare solo ai lavoratori ed evidenziano la
forzatura di scelte irresponsabili.
Infatti, i risultati economici brillanti dell’ultimo bilancio al
31/12/2013, con un utile di oltre 3,4 milioni di euro, confermano la solidità
dell’azienda, che ciò nonostante afferma nel comunicato aziendale divulgato
prima che si tenessero le ultime Assemblee di “dolersi nel dover ridurre i posti
di lavoro” per accrescere “competitività” ed incrementare margini di profitto. A
tal proposito, avremmo da eccepire che una
efficiente organizzazione del lavoro non si esercita attraverso tagli di posti
di lavoro, bensì con investimenti per innovazione di processo e di prodotto,
nonché nella forza lavoro che è il vero motore di sviluppo dell’impresa.
La limitata disponibilità aziendale nel trovare
soluzioni per soli 17 dipendenti volontari, rispetto ai 27 esuberi annunciati,
dispone la direzione aziendale alla creazione di un “pacchetto-incentivo” atta
all’espulsione delle restanti 10 persone che occupano le posizioni di lavoro
dichiarate in esubero.
Inoltre, il contenimento dei costi attraverso la politica dei
tagli sulla forza lavoro di operai e impiegati e non sui dirigenti, che
incidono per l’11% sul costo del personale (2.832.000 euro circa, pari a 77
lavoratori di categoria C!), non corrisponde ad una reale esigenza né soluzione.
Infatti l’ultimo bilancio evidenzia che i dirigenti gravano notevolmente sui
costi del personale ed inoltre il vero peso è rappresentato dai costi di gestione
per servizi che ammontano a ben 22.500.000 euro annui. Tali voci che
evidenziano forti sprechi, in netta contraddizione con la politica di risparmio
e sviluppo dell’azienda, non sono certo responsabilità dei lavoratori e non
devono essere i lavoratori a pagare per una riduzione dei costi perdendo il
posto di lavoro!
L’azienda con queste scelte fa una deliberata
dichiarazione di guerra ai suoi dipendenti e allo stesso tempo raccomanda di “non
compromettere la reputazione del gruppo e di restare tutti uniti nel mettere in
atto la sua decisione” contro i lavoratori: “una ristrutturazione dolorosa per qualcuno!!!!”
Bisogna pensare in termini
solidaristici nell'interesse di tutti i lavoratori.
Le divisioni fra i lavoratori
non pagano mai e favoriscono solo il padronato.
L'unione e la lotta pagano
sempre. C'è bisogno del sostegno e dell'impegno di tutti.
Non schierarti tra i rassegnati:
unisciti alla CUB, insieme possiamo fare molto!
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