A cura del Coordinamento Cub Pirelli Bollate
Fabiana, raccontaci un po’ di te, quando hai
iniziato a fare politica e quali sono le tappe principali del tuo percorso di
militanza?
Anzitutto vorrei
ringraziarvi per questo spazio che mi offrite sul vostro blog. E' per me motivo
di grande orgoglio essere intervistata da uno dei gruppi operai più combattivi
e coerenti del sindacalismo conflittuale. Come dice mia madre, sono diventata
militante a quattro anni, quando mi portava ai picchetti davanti alla sua
fabbrica (era un'operaia del settore tessile, poi costretta, purtroppo, come
molte donne, ad abbandonare l'attività lavorativa per inconciliabilità con la
cura dei figli)
A parte questa battuta,
posso dire di aver raggiunto una prima consapevolezza politica nelle lotte
all'università di Bologna, facendo militanza in vari collettivi studenteschi.
Successivamente,
ho fatto attività nella sinistra di Rifondazione Comunista e infine ho partecipato alla fondazione di Alternativa Comunista, sezione italiana della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale. Nel frattempo, ho iniziato a lavorare come precaria nella scuola (sono ancora precaria, nonostante circa dieci anni di servizio). Ho cominciato così anche l'attività sindacale, promuovendo alcune lotte dei precari contro i tagli all'istruzione: momenti importanti, che hanno rafforzato il mio rapporto con il mondo dei lavoratori. Oggi sul piano sindacale sono attivista della Cub a Modena.
ho fatto attività nella sinistra di Rifondazione Comunista e infine ho partecipato alla fondazione di Alternativa Comunista, sezione italiana della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale. Nel frattempo, ho iniziato a lavorare come precaria nella scuola (sono ancora precaria, nonostante circa dieci anni di servizio). Ho cominciato così anche l'attività sindacale, promuovendo alcune lotte dei precari contro i tagli all'istruzione: momenti importanti, che hanno rafforzato il mio rapporto con il mondo dei lavoratori. Oggi sul piano sindacale sono attivista della Cub a Modena.
Oggi sei una delle coordinatrici nazionali di
No Austerity, puoi spiegare ai nostri lettori quali sono gli scopi di questo
movimento?
Credo che No
Austerity sia un'esperienza importantissima. Si tratta di un coordinamento che
cerca di unificare esperienze di lotta diverse, utilizzando lo strumento della
solidarietà. E' un coordinamento che è nato nel dicembre del 2012, promosso da
alcune realtà di fabbrica e di movimento che hanno sentito l'esigenza di
coordinare le proprie esperienze sindacali e di lotta. In una realtà, come
quella italiana, dove esiste una fortissima frammentazione dei lavoratori
(frammentazione spesso favorita dalle direzioni sindacali, quelle burocratiche
di Cgil, Cisl e Uil, ma talvolta anche dai settarismi dei sindacati di base),
No Austerity cerca di favorire l'unità dei lavoratori e dei movimenti di lotta.
E' un progetto in costruzione, aperto al contributo di tutti coloro che ne
fanno parte. Importante è che le decisioni vengono sempre assunte attraverso
una discussione democratica, senza prevaricazioni. Ad oggi le realtà che ne
fanno parte sono le seguenti: Fiom Ferrari, Flmuniti-Cub Ferrari, Si.Cobas
Esselunga di Pioltello, lavoratori delle cooperative in lotta, operai
Marcegaglia di Casalmaggiore e Milano, operai Same di Treviglio, operaie
Jabil-Nokia di Cassina de' Pecchi, Rete di sostegno attivo Jabil-Nokia-Siemens,
Cub Vicenza, Rsu Fiom OM Carrelli Bari, Coordinamento Migranti di Verona,
Movimento No Tem, operai Fiat Irisbus - Resistenza Operaia, Coordinamento Operai
Cub Pirelli (Bollate), Cub Toscana, Rete operaia Val Seriana, Coordinamento
Pugliese Lavoratori in Lotta, Coordinamento Scuola Mantova, precari della
scuola, Voci della Memoria - Comitato No Eternit, Cub Sanità Cremona, Usb P.I.
Vimodrone, Cub Sur Modena, Cub Caltanissetta, ecc.
Spesso abbiamo ravvisato nei lavoratori una
certa diffidenza nei confronti di partiti e movimenti politici, il timore è
quello di strumentalizzazioni per fini politici dei movimenti sindacali.
Puoi spiegare ai nostri lettori il tuo punto
di vista al riguardo?
Credo che questa
diffidenza abbia un fondamento. Spesso i partiti (sia quelli dei padroni sia
quelli riformisti) hanno strumentalizzato le lotte dei lavoratori. I lavoratori
hanno imparato a non fidarsi dei politici che fanno molte promesse (magari per
un tornaconto elettorale) e poi lasciano i lavoratori al loro destino. Quindi,
penso che questa diffidenza sia giusta e progressiva. Penso, tuttavia, che
dobbiamo, pazientemente, spiegare ai lavoratori che non tutti i partiti sono
uguali. Anzi, penso che dovremmo spiegare ai lavoratori che un'organizzazione
politica dei lavoratori è necessaria per dare una prospettiva alle loro lotte.
I padroni hanno i loro partiti, noi dobbiamo costruire il nostro. Dico "dobbiamo
costruire" perché, pur essendo militante di un partito (Alternativa
comunista), non crediamo che la nostra organizzazione sia il punto di approdo,
ma piuttosto uno strumento da mettere a disposizione della costruzione di un
partito che unifichi le esperienze di lotta operaia e sindacale più avanzate.
E' sulla base di questa convinzione che io affianco, quotidianamente, al mio
lavoro sindacale e di costruzione di unità delle lotte anche quello politico.
Domanda filosofica. Il fine giustifica i
mezzi o sono importanti i comportamenti, la coerenza che si tiene per
perseguire il fine?
Io credo che esista
una morale rivoluzionaria. Il fine giustifica i mezzi solo se i mezzi non ci
mettono in contraddizione con gli obiettivi che vogliamo perseguire, che sono
quelli di liberare l'umanità dallo sfruttamento e dalle oppressioni. Per questo
è importante anche essere coerenti nella propria vita quotidiana: penso ad
esempio all'importanza di contrastare l'oppressione delle donne e il razzismo
anche nella vita di tutti i giorni. Penso che il maschilismo e il razzismo
potranno essere veramente sconfitti solo in una società diversa, sottratta alle
logiche barbare del profitto. Ma questo non ci deve impedire di agire già oggi,
nella nostra quotidianità, per creare le condizioni affinché le donne e gli
immigrati abbiano le stesse possibilità degli altri lavoratori di partecipare
all'attività sindacale e politica. Credo che i sindacati dovrebbero intervenire
maggiormente su questo terreno.
Puoi darci un quadro della situazione sindacale
italiana?
Non è un bel quadro
ahinoi... Oggi le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil esercitano ancora un forte
controllo sulla maggioranza dei lavoratori, con milioni di iscritti. Questi apparati
burocratici immensi sono diventati erogatori di servizi e macchine per fare
tessere, al solo fine di conservare gli elefantiaci apparati e i numerosi
funzionari. Con la firma dell'Accordo vergogna sulla rappresentanza, nelle
fabbriche Cgil, Cisl e Uil diventeranno i segretari dei padroni: serviranno
solo per ratificare le decisioni dell'azienda. E' vero però che molti
lavoratori si iscrivono a questi "sindacati" inconsapevoli delle
dinamiche che li animano: per questo credo che non dobbiamo considerare gli
iscritti a quei "sindacati" dei nostri nemici, ma dobbiamo fare in
modo che arrivino alla consapevolezza che occorre costruire un altro tipo di
sindacato.
Va anche sottolineato che il sindacalismo di base e
conflittuale in Italia ha fortissimi limiti: estremamente frammentato, non ha
permesso di rappresentare un riferimento credibile agli occhi dei lavoratori.
Quante volte abbiamo visto i sindacati di base rinchiudersi ognuno nel proprio
orticello, rifiutando persino azioni di sciopero e di lotta comuni? La
spiegazione che mi sono data di questo fenomeno - anche conoscendo esperienze
di altri Paesi - è che il sindacalismo di base di casa nostra ha smarrito un
principio fondamentale, quello della democrazia operaia: il principio in base a
cui sono i lavoratori, in assemblea o attraverso i loro rappresentanti democraticamente
eletti, che discutono e decidono le piattaforme, le azioni di lotta e di
sciopero dei loro sindacati. Invece spesso capita proprio il contrario: sono i
dirigenti che decidono tutto, senza consultazione democratica. Forse sbaglio,
ma io penso che se, in questi anni, i sindacati di base fossero stati realmente
organizzazioni al servizio della loro base (scusate il gioco di parole), non
saremmo in questa situazione di frammentazione: avremmo maggiore unità, e
quindi le lotte dei lavoratori sarebbero più forti! Anche per questo... ben
vengano esperienze come No Austerity!
Fabiana, sappiamo che hai legami con altre
realtà politiche e sindacali estere, No Austerity è parte della rete sindacale
internazionale. Quanto è importante, oggi, la costruzione di un sindacato
internazionale e quali sarebbero le sue potenzialità?
No Austerity ha
deciso di aderire alla Rete sindacale internazionale, nata in un'assemblea a
Parigi nel marzo del 2013. Non si tratta a dire il vero di un sindacato
internazionale, ma di un tentativo di far collaborare, su scala mondiale, i
sindacati di base, costruendo azioni di solidarietà reciproca, campagne, ecc. I
sindacati che hanno promosso questa Rete sono la Csp Conlutas del Brasile, la
Cgt di Spagna, Solidaires di Francia. Io conosco in particolare la Csp Conlutas
del Brasile, perché al suo interno hanno un ruolo importante compagni della mia
organizzazione politica internazionale (la Lit): è un sindacato di base con tre
milioni di iscritti, nato da una scissione della Cut, il sindacato
filogovernativo (la Cgil brasiliana). Ho imparato molto da questa esperienza,
soprattutto ho imparato l'importanza della discussione democratica per far
crescere un'esperienza sindacale di base. E' un progetto un po' diverso dai
sindacati a cui siamo abituati in Italia, perché al suo interno raggruppa anche
movimenti popolari (come quelli che occupano le case e i terreni), contadini,
studenteschi, di donne in lotta contro la violenza maschilista, di neri che
lottano contro il razzismo (infatti "Csp" significa "Centrale
Sindacale Popolare").
La Cgt di Spagna e
Solidaires di Francia sono invece due sindacati di ispirazione anarchica. A
Parigi si sono uniti a questo progetto tanti sindacati di base di tutto il
mondo, dall'Africa all'America Latina, all'Asia. In Italia per ora hanno dato
l'adesione l'Usi, il Si.Cobas, la Cub Immigrazione, la Cub Sur, la Cub
Trasporti, oltre a No Austerity, Resistenza Operaia Fiat Irisbus e altre
singole realtà di lotta. Vi rimando alla lettura della piattaforma che trovate
qui:
http://www.coordinamentonoausterity.org/index.php?action=viewnews&news=1367082632.
Per tornare alla
domanda, oggi non credo ci siano le condizioni per costruire un sindacato
internazionale, ma sì per rafforzare una rete di solidarietà. Con No Austerity
cerchiamo di contribuire a questo, ad esempio inviando la nostra solidarietà
alle lotte di lavoratori di altri Paesi e chiedendo solidarietà ai sindacati di
base di altri Paesi quando serve. Abbiamo constatato che per i lavoratori in
sciopero e in lotta è molto importante ricevere la solidarietà dei lavoratori
di altri Paesi. E' vero anche sul piano internazionale: uniti siamo forti!
Il 10 gennaio di quest’anno Confindustria e
sindacati confederali hanno sottoscritto il “Testo unico sulla rappresentanza”.
No Austerity ha lanciato un appello, a cui
abbiamo aderito anche noi del Coordinamento Cub Pirellli di Bollate, chiedendo
a tutte le realtà sindacali, come ai singoli lavoratori, di rifiutare in toto
quest’accordo.
Puoi spiegare in sintesi cosa prevede questo
testo e quali saranno le conseguenze di una sua applicazione?
Come spiega bene
l'appello che è stato promosso da varie realtà di fabbrica e sindacali (tra cui
il Coordinamento Cub Pirelli), si tratta di un accordo liberticida, siglato da
Confindustria, Confcooperative, Cgil, Cisl, Uil che azzera la
democrazia sindacale nelle aziende. Prevede che solo i
sindacati che "accettano espressamente, formalmente e integralmente i
contenuti del presente accordo" possano partecipare alle elezioni rsu e
nominare rsa. Al contempo, i sindacati che sottoscrivono
questo accordo ne restano ingabbiati, visto che perdono automaticamente il
diritto di sciopero e di azione sindacale conflittuale. Rimando
anche qui al materiale presente sul sito di No Austerity, www.coordinamentonoausterity.org,
dove la truffa padronale e burocratica è spiegata nei dettagli.
Credo sia molto
importante la campagna contro la firma dell'accordo, perché ha permesso di
uscire da una situazione di stallo, in cui anche alcuni sindacati di base sembravano
disorientati. L'accordo sferra un colpo durissimo al sindacalismo conflittuale,
togliendo diritti acquisiti: ma se un sindacato lo firma è condannato a
diventare l'ancella del padrone. Credo che questa campagna abbia contribuito
parecchio a smuovere le acque, ma si tratta di proseguire la lotta perché se
l'accordo diventa legge le cose peggiorerebbero. Importante quindi proseguire
la campagna, nell'auspicio che sia quanto più ampia possibile.
Parliamo di scuola. Tu sei un’insegnante precaria,
saprai bene quindi che l’istruzione è uno dei settori più strategici per il
futuro di una nazione. Le opportunità che avranno i nostri giovani dipenderanno
dal sistema scolastico e formativo che un governo riesce a mettere in campo.
Oggi la scuola pubblica e i suoi docenti in quale stato si trovano?
La scuola pubblica
italiana ha subito tagli miliardari, portati avanti indifferentemente dai
governi di centrodestra e centrosinistra. Solo per fare un esempio, negli
ultimi quattro anni si sono persi 180 mila posti di lavoro. Per questo noi
precari sorridiamo amaramente quando il parolaio Renzi promette
"l'assunzione di 150 mila precari". E' un abile prestigiatore: prima
ti licenzio poi guarda come sono generoso che (forse) ti riassumo! Abbiamo
imparato a non fidarci delle frottole: sono anni che tutti i governi ci
promettono l'assunzione: mai vista.
Ma giustamente, come
dite voi, distruggere la scuola significa anche distruggere il futuro dei
nostri giovani, dei figli dei lavoratori in particolare. Infatti, se tagli
risorse alla scuola pubblica inevitabilmente apri la strada alla
privatizzazione, con la conseguenza che l'istruzione tornerà ad essere un
privilegio di pochi ricchi. La difesa dell'istruzione pubblica dovrebbe essere
un punto all'ordine del giorno di tutte le nostre lotte.
Un altro tema a cui non possiamo sottrarci è
quello della discriminazione di genere. Oggi le donne hanno la peggio in salari
e opportunità, al di là delle nomine spot del governo, gli uomini hanno la
prevalenza – se non il monopolio – in tutti i centri di potere politici,
economici e giudiziari. Le donne, vittime di una cultura di stampo patriarcale,
sono spesso relegate ai margini della società, non adeguatamente rappresentate
nelle sedi decisionali e legislative, intrappolate in un modello sociale che
spesso le accetta solo quando rientrano in determinati canoni estetici.
Fabiana, da donna e da militante politica,
qual è la tua ricetta per perequare questa diseguaglianza sociale? Credi che
possa essere utile la costituzione di un’area politica “rosa” che raccolga le
lavoratrici, le disoccupate e tutte le donne di buona volontà?
Sono molto contenta
di questa domanda e mi fa piacere che venga posta da un gruppo operaio in
prevalenza maschile. Penso che viviamo in una società maschilista e che la
crisi economica abbia aggravato la condizione delle donne. Spesso le donne sono
le prime a perdere il posto di lavoro, perché vengono ritenute dai padroni meno
"produttive". Per una donna è anche più difficile entrare nel mondo del
lavoro: si ritiene che "renda meno", anche solo per il fatto che può
restare incinta e "perdere" mesi di lavoro. In molti casi, le donne
rinunciano persino a cercare un lavoro perché il lavoro risulta incompatibile
con la cura dei figli. A questo dobbiamo aggiungere l'aumento della violenza
maschilista, che si esprime brutalmente nel fenomeno dei femminicidi. Bene
avete fatto voi sul vostro blog a ricordare poi alcune malattie che tante donne
subiscono in silenzio, come l'endometriosi: un esempio di come il sistema
sanitario, sempre più privatizzato, non sia in grado di offrire alle donne un
futuro dignitoso. Va aggiunto che sono ancora troppo poche le donne attive
nelle organizzazioni del movimento operaio, dai sindacati ai partiti della
sinistra: questo è sintomatico.
Credo sia necessario
costruire, se non un'area politica, almeno un intervento specifico su questo
terreno, per cercare di contrastare il maschilismo coinvolgendo donne
lavoratrici e disoccupate. Se non lo facciamo le donne si trovano ad affrontare
da sole, nelle loro case, il problema della violenza e dell'oppressione: e da
sole non possono che subire. Penso a quanto sia importante che nei sindacati si
organizzino le donne per lottare contro la loro oppressione specifica. Con No
Austerity, l'anno scorso abbiamo sostenuto lo sciopero (di 8 ore) delle donne del
25 novembre (in occasione della giornata mondiale contro la violenza ai danni
delle donne), chiedendo, insieme con vari collettivi di donne, a tutti i
sindacati a proclamarlo (alla fine è stato proclamato solo dall'Usi e dallo
Slai Cobas): l'adesione è stata ampia e trasversale, la Cgil proponeva uno
sciopero "simbolico" di 10 minuti di tutte le donne (borghesi e
operaia) e invece molte lavoratrici anche della Cgil hanno scioperato 8 ore con
noi.
Come da consuetudine nelle nostre interviste,
ti chiediamo di chiudere dandoti uno spazio libero. Qual è il massaggio di
Fabiana Stefanoni alle lavoratrici e ai lavoratori d’Italia?
Un messaggio
brevissimo: lavoratrici e lavoratori uniamoci contro i padroni! Dotiamoci degli
strumenti sindacali, politici e organizzativi per abbattere il sistema
capitalistico e costruire un altro sistema economico e sociale!
Buone lotte a tutti
noi!
RINGRAZIAMO FABIANA STEFANONI PER
LA SUA DISPONIBILITÀ NEL RILASCIARCI QUEST’INTERVISTA CHE, AGGIUNGIAMO,
IMPREZIOSISCE IL NOSTRO BLOG.
A LEI E A NO AUSTERTY I NOSTRI
AUGURI PER UN FUTURO DI LOTTE E CONQUISTE!
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