mercoledì 30 settembre 2015

interessante articolo di Fabiana Stefanoni sulla situazione in Brasile

San Paolo, 18 settembre
Brasile, decine di migliaia in piazza:

blocchiamo il Paese!


Leggete con attenzione questo articolo perché, in Italia, difficilmente avrete occasione di leggere altrove di quello che sta realmente accadendo in Brasile, uno dei Paesi più grandi del mondo, considerato, almeno fino a poco tempo fa, una delle principali
economie "emergenti". Mentre sentirete parlare delle "grandi manifestazioni" promosse dai partiti di destra per chiedere l'impeachment di Dilma Rousseff, nessuno vi parlerà delle grandi manifestazioni e delle proteste operaie e di massa che stanno attraversando il Brasile, al grido di "nós paramos o Brasil"  ("blocchiamo il Brasile").
Il 18 settembre sono scese in piazza a San Paolo, contro il governo Dilma e contro le destre, decine di migliaia di persone (quella che in Italia, vista l'abitudine di certa sinistra a moltiplicare le cifre a uso stampa, si sarebbe detta una manifestazione "da centomila"). Un corteo enorme (come si vede dalle foto impressionanti), promosso dal sindacato Csp Conlutas con oltre 40 sigle sindacali, di movimento e politiche, con un ruolo dirigente di primo piano del Pstu (il partito fratello del Pdac in Brasile). Domenica 19 è stata la volta di una enorme assemblea (con delegazioni di operai, donne, studenti, neri, lgbt da diverse città del Brasile), nel corso della quale si è deciso di rilanciare la mobilitazione, fino allo sciopero generale.
Il mito del Lula operaio
In Italia quasi nessuno parla della straordinaria stagione di lotte che si è aperta in Brasile e, soprattutto, del ruolo importante che stanno svolgendo in essa il Pstu e la Csp Conlutas, il più grande sindacato di base e di classe del mondo (con circa 3 milioni e mezzo di affiliati). Difficile fare piazza pulita delle illusioni che per anni hanno ubriacato la sinistra di casa nostra: ovverosia che il governo di fronte popolare a guida Pt (il partito dei lavoratori di Lula e Dilma) sia il "governo della classe operaia", simbolo di una grande speranza di cambiamento.
Ma, nella realtà, a parte qualche concessione di facciata (come la "bolsa familia", di fatto un'elemosina a vantaggio delle famiglie più povere), il governo di centrosinistra ha agito a sostegno degli investimenti delle multinazionali (in particolare quelle del settore automobilistico, dalla Fiat alla General Motors alla Volkswagen), sulla base di accordi centrati su bassi salari e alti profitti: le multinazionali hanno così avuto un aiuto prezioso da Lula e Dilma nell'attuazione delle loro politiche di delocalizzazione e sfruttamento.
Per alcuni anni la relativa crescita economica del Brasile ha dato l'impressione di un miglioramento delle condizioni di vita della classe lavoratrice, con una conseguente pace sociale funzionale agli investimenti del grande capitale internazionale: una pace sociale garantita dal radicamento operaio del Partito dei lavoratori (il partito di Lula e Dilma appunto), strettamente legato alla Cut, la principale confederazione sindacale del Brasile.
Sull'onda della crisi economica mondiale, le cose hanno cominciato a cambiare. Il governo ha attuato, progressivamente, sempre più pesanti politiche di austerità: tagli allo stato sociale, privatizzazioni, congelamento dei salari dei dipendenti pubblici, tutto accompagnato da aiuti e finanziamenti diretti e indiretti alle multinazionali e alle banche.
L'invenzione del golpe
Tutto questo ha determinato la frattura tra la base sociale tradizionale del Partito dei lavoratori e il governo, generando un fortissimo malcontento popolare e, soprattutto, operaio. I partiti della destra approfittano di questo discredito, propongono l'impeachment accusando il governo di corruzione (per l'utilizzo di fondi pubblici in campagna elettorale) e cavalcano il malcontento popolare promuovendo manifestazioni di piazza contro Dilma. Il governo per difendere la propria politica di attacchi alla classe lavoratrice e al contempo cercare di reagire al discredito in cui è caduto utilizza lo spauracchio del "golpe". Uno spauracchio, appunto: non ha nessun fondamento dire che oggi ci sia in Brasile il rischio di un golpe militare, visto che il capitale internazionale non ne avrebbe nessun bisogno, considerato quanto si sono riempite le pance delle multinazionali all'ombra dei governi di Lula e Dilma... (1)
La verità è ben diversa. In Brasile si è aperta una fase prerivoluzionaria, con un'esplosione di lotte quotidiane, nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, che pongono all'ordine del giorno non solo le rivendicazioni salariali, ma anche la cacciata del governo. L'espressione più nota in Europa di questa nuova fase sono le manifestazioni del giugno 2014, in occasione dei mondiali di calcio, quando decine di migliaia di giovani sono scesi in strada per protestare contro l'aumento del prezzo del biglietto dei trasporti pubblici e per dire no agli sprechi dei mondiali. Ma i sommovimenti in Brasile sono ben più profondi: la classe operaia sta prendendo coscienza del fatto che ben poco di "operaio" ha messo in atto il partito del "presidente operaio" (2): e ora la sfida è aperta.
La capitolazione della sinistra riformista e il ruolo fondamentale del Pstu
A metà agosto di quest'anno la destra che punta all'alternanza di governo ha organizzato alcune manifestazioni in tutto il Paese per chiedere l'incriminazione di Dilma: le manifestazioni sono state molto partecipate, proprio in virtù del malcontento popolare nei confronti del governo. A sua volta, Dilma ha promosso, qualche giorno dopo (il 20 agosto) una manifestazione a difesa del governo, facendo appello a tutti i movimenti e i partiti della sinistra (anche quella all'opposizione) a scendere in piazza contro "il pericolo delle destre": un ritornello che, come sappiamo bene anche noi in Italia, spesso utilizzano le forze politiche che non hanno una politica di alternativa di potere e di sistema e finiscono così per sostenere il "meno peggio". E' così che alcuni partiti e movimenti della sinistra brasiliana, dal Psol (partito riformista) ai Sem Terra, hanno deciso di partecipare alla manifestazione a difesa di Dilma: una manifestazione, come era prevedibile, disertata dalla classe lavoratrice: perché mai gli operai e i giovani avrebbero dovuto scendere in piazza per difendere un governo che li sta massacrando?
Per fortuna, in Brasile esiste una sinistra rivoluzionaria che non capitola a queste pressioni: il Pstu, la sezione brasiliana della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale, ha un forte radicamento nella classe operaia brasiliana, dai metalmeccanici agli operai edili, fino ai lavoratori dei cantieri navali e dei trasporti (tra cui i famosi "metroviarios" che paralizzarono San Paolo alla vigilia dei mondiali). E' grazie al Pstu se in Brasile esiste un sindacato come la Csp Conlutas, che raggruppa milioni di lavoratori, lavoratrici, movimenti e che ha fatto appello a costruire un polo di classe, alternativo al governo e alle destre. E' grazie ai rivoluzionari che il 18 settembre, per le strade di San Paolo, hanno marciato decine di migliaia di lavoratori al grido di "Basta Dilma", per rivendicare un'alternativa di potere al governo di collaborazione di classe.
Come Pdac (sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale) facciamo appello a tutte le organizzazioni e ai movimenti della sinistra classista in Italia a sostenere questo fronte di lotta in Brasile e a infrangere la barriera di silenzio (3) su queste grandi mobilitazioni dirette dalla sinistra rivoluzionaria. Rafforzare il Pstu e la battaglia delle masse operaie in Brasile significa rafforzare una prospettiva rivoluzionaria su scala internazionale, contro i tradimenti della sinistra riformista.
Note
(1) La stessa Dilma, rendendosi evidentemente conto dell'assurdità di questa invenzione del "golpe", parla del rischio di "una forma moderna di golpe", riferendosi a una probabile caduta del governo anticipata rispetto al mandato elettorale. Applicando questa definizione in Italia... negli ultimi anni ci sarebbero stati innumerevoli "golpe", visto i numerosi ribaltoni governativi.
(2) Così è stato definito Lula dalla stampa internazionale, in quanto ex operaio metalmeccanico salito alla presidenza del Brasile nel 2002 col 61% dei voti.
(3) Vergognoso e incomprensibile che in Italia, a parte rarissime eccezioni (il Pdac, il Si.Cobas e il Coordinamento No Austerity) tutta la sinistra (inclusa quella sedicente rivoluzionaria) taccia su queste mobilitazioni, attualmente le uniche nel mondo dirette da un partito rivoluzionario.
Fabiana Stefanoni



Alcune immagini della manifestazione del 18 e dell'assemblea del 19 settembre.







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