martedì 3 novembre 2015

Interessante intervista a Fabiana Stefanoni (Pdac), sull'accordo di rappresentanza del 10 gennaio 2014




Intervistiamo Fabiana Stefanoni, dirigente del Pdac e attivista del coordinamento No Austerity, in merito ai recenti attacchi del governo al diritto di sciopero e di rappresentanza sindacale.

Fabiana, tu sei membro del coordinamento nazionale di No Austerity, un coordinamento di varie realtà sindacali e di lotta che ha promosso recentemente una nuova campagna contro l'accordo della vergogna, per difendere il diritto di sciopero e di rappresentanza sindacale. Che obiettivi vi ponete con questa campagna?
Per prima cosa, invito tutti a leggere sul sito di No Austerity il testo della campagna http://www.coordinamentonoausterity.org/noaccordorappresentanza/. Come recita il titolo dell'appello, si tratta di una campagna che ha lo scopo di costruire un ampio e unitario fronte di lotta per difendere il diritto di sciopero e l'esistenza stessa del sindacalismo conflittuale. E' in atto un attacco feroce del governo, per conto del padronato, finalizzato a cancellare tutte le conquiste sociali e democratiche della classe lavoratrice. L'obiettivo che si pongono le realtà che hanno promosso questo appello è quello di respingere anzitutto l'accordo vergogna sulla rappresentanza, al fine, in ultima istanza, di respingere gli attacchi padronali.

Non tutti sanno che cosa è questo accordo... solo gli attivisti sindacali, probabilmente, ne comprendono le implicazioni.

Paradossalmente, quando si parla, nei luoghi di lavoro, dell'accordo vergogna sulla rappresentanza ("Testo unico sulla rappresentanza") in pochi capiscono a cosa ci si sta riferendo. Eppure, è il più
pesante attacco ai diritti sindacali e democratici dai tempi del fascismo. E' un accordo che vincola i sindacati che lo hanno firmato a rinunciare al diritto di sciopero - e di azione sindacale conflittuale in generale - contro accordi che sono stati approvati dal 50% + 1 delle rsu/rsa presenti in azienda o dai sindacati maggioritari di categoria. Non solo: i sindacati che firmano questo accordo devono perfino rinunciare a organizzare scioperi e proteste durante le trattative! Di fatto, i sindacati che firmano rinunciano... a svolgere il ruolo di sindacati. Accettano di diventare meri esecutori dei diktat dei padroni, come già avvenuto con Fim e Uilm nel gruppo Fiat. Anzi, volendo essere precisi, questo modello imposto a tutte le aziende del privato è persino peggiore del modello Marchionne, perché impedisce ai sindacati firmatari qualsiasi azione contro accordi approvati a maggioranza.

Di fatto la cancellazione del sindacalismo conflittuale nel settore privato... Ma che interesse hanno i sindacati a firmare?

Le burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil da subito hanno deciso di sottoscriverlo, insieme con Confindustria, al fine di garantirsi il monopolio della rappresentanza sindacale. L'accordo prevede, infatti, che solo i sindacati firmatari possono eleggere delegati in fabbrica (rsu e rsa) e partecipare alla contrattazione collettiva o aziendale (se raggiungono il 5% della rappresentanza). Non solo: solo i sindacati firmatari dell'accordo e "rappresentativi" hanno diritto alle trattenute in busta paga. E' chiaro quindi quali sono gli interessi materiali delle burocrazie sindacali: per mantenere i loro privilegi economici e garantire i bilanci milionari non hanno esitato a immolare lo strumento dello sciopero e la democrazia sindacale. Il ricatto padronale ha funzionato anche nei luoghi di lavoro. Il padronato, nel recente passato, sulla spinta delle lotte operaie, è stato costretto a concedere una serie di diritti di rappresentanza sindacale (delegati in fabbrica, distacchi, ecc.) che si sono ora tramutati in un'arma di ricatto: se tu attivista sindacale vuoi continuare a fare il delegato come hai sempre fatto nel tuo luogo di lavoro devi accettare di chinare la testa...

Non è la prima campagna che il coordinamento No Austerity promuove contro questo accordo. Un anno fa avete lanciato un appello ai sindacati conflittuali a non firmare l'accordo... oggi rilanciate una nuova campagna. Come mai?

Il motivo è presto detto. Purtroppo, nonostante il successo della precedente campagna - che ha contribuito notevolmente a mettere il bastone tra le ruote a governo e Confindustria - alcuni sindacati conflittuali hanno firmato l'accordo. Prima è stata la volta della Fiom, che, dopo aver tuonato contro l'accordo nel congresso Cgil, ha infine capitolato, presentando candidati alle rsu sulla base dell'accordo. Successivamente, hanno capitolato anche alcuni sindacati autonomi: prima i Cobas Lavoro Privato, lo Snater e l'Orsa, infine anche Usb. Per questo il coordinamento No Austerity, insieme a tante altre sigle sindacali locali e nazionali, ha deciso di rilanciare la campagna, chiedendo anzitutto ai sindacati tradizionalmente conflittuali di ritirare la firma dall'accordo infame. Questi sindacati hanno ceduto al ricatto padronale pensando di garantirsi così uno spazio per le trattative... invece i fatti di questi ultimi giorni dimostrano che i padroni hanno intenzione di chiudere tutti gli spazi! Squinzi ha dichiarato che "sui contratti il capitolo è chiuso" e che i padroni si sono resi conto "dell'impossibilità di portare avanti qualsiasi trattativa con il sindacato". Riassumendo: i padroni, grazie all'arrendevolezza delle direzioni sindacali, tentano di fare l'en plein: prima hanno obbligato i sindacati a rinunciare al diritto di sciopero in cambio della possibilità di partecipare alle trattative per i contratti, poi... hanno dichiarato chiuse per sempre le trattative!

Una sconfitta storica per la classe operaia?

Una sconfitta, indubbiamente. Ma anche un'occasione per rilanciare il conflitto su basi più chiare. La recente campagna contro l'accordo della vergogna sta unificando dal basso la parte migliore del sindacalismo conflittuale in Italia. Sarebbe lungo leggere tutto l'elenco dei firmatari: vi invito a leggerlo sul sito www.coordinamentonoausterity.org.
Spesso non solo le direzioni dei sindacati burocratici ma anche quelle dei sindacati "di base" hanno mancato, per autoreferenzialità o settarismo, nella costruzione di un ampio fronte di lotta unitario, basato su una reale discussione democratica (e su un effettivo coinvolgimento della base). Oggi, con le contraddizioni che si stanno dando in molti sindacati, si può aprire un'importante occasione per costruire un nuovo e ampio fronte di resistenza agli attacchi del governo e dei padroni. Per riprendere la metafora, l'en plein ai padroni non è riuscito... e siamo orgogliosi, come attivisti di No Austerity, di avervi contribuito!

Quali le prossime scadenze?

Il coordinamento sta organizzando incontri con le realtà che hanno firmato l'appello per verificare se ci sono le condizioni per costruire una serie di scadenze di lotta nazionali. E' in gioco la difesa dello stesso diritto di sciopero, visto i continui attacchi che stanno subendo i lavoratori, in particolari quelli dei settori dei cosiddetti "servizi essenziali", che sono sottoposti a restrizioni rigidissime. Le recenti misure che hanno colpito i lavoratori dei trasporti di Roma e Milano, i lavoratori dei Beni culturali e, poco più in là nel tempo, i lavoratori della Granarolo, parlano da sole. Ma anche le lotte che abbiamo portato avanti contro la "Buona scuola" di Renzi si sono scontrate con queste restrizioni: nel pubblico impiego in Italia c'è una legge che impedisce lo sciopero prolungato, di fatto è possibile scioperare solo un solo giorno ogni due settimane ed è necessario persino un largo preavviso... una manna per il governo, che riesce così a imporre con facilità tagli miliardari. Ma, nella scuola come nelle fabbriche, siamo pronti a organizzare la resistenza.

Molto dipenderà dalla capacità di mobilitazione della classe che riusciremo a mettere in campo. Auspichiamo che l'autunno possa essere un autunno caldo di lotte... sicuramente noi ci impegneremo in questa direzione!



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