Intervistiamo
Fabiana Stefanoni, dirigente del Pdac e attivista del coordinamento No
Austerity, in merito ai recenti attacchi del governo al diritto di sciopero e
di rappresentanza sindacale.
Fabiana, tu
sei membro del coordinamento nazionale di No Austerity, un coordinamento di
varie realtà sindacali e di lotta che ha promosso recentemente una nuova
campagna contro l'accordo della vergogna, per difendere il diritto di sciopero
e di rappresentanza sindacale. Che obiettivi vi ponete con questa campagna?
Per prima
cosa, invito tutti a leggere sul sito di No Austerity il testo della campagna
http://www.coordinamentonoausterity.org/noaccordorappresentanza/. Come recita
il titolo dell'appello, si tratta di una campagna che ha lo scopo di costruire
un ampio e unitario fronte di lotta per difendere il diritto di sciopero e
l'esistenza stessa del sindacalismo conflittuale. E' in atto un attacco feroce
del governo, per conto del padronato, finalizzato a cancellare tutte le
conquiste sociali e democratiche della classe lavoratrice. L'obiettivo che si
pongono le realtà che hanno promosso questo appello è quello di respingere
anzitutto l'accordo vergogna sulla rappresentanza, al fine, in ultima istanza,
di respingere gli attacchi padronali.
Non tutti
sanno che cosa è questo accordo... solo gli attivisti sindacali, probabilmente,
ne comprendono le implicazioni.
Paradossalmente,
quando si parla, nei luoghi di lavoro, dell'accordo vergogna sulla
rappresentanza ("Testo unico sulla rappresentanza") in pochi
capiscono a cosa ci si sta riferendo. Eppure, è il più
pesante attacco ai
diritti sindacali e democratici dai tempi del fascismo. E' un accordo che
vincola i sindacati che lo hanno firmato a rinunciare al diritto di sciopero -
e di azione sindacale conflittuale in generale - contro accordi che sono stati
approvati dal 50% + 1 delle rsu/rsa presenti in azienda o dai sindacati
maggioritari di categoria. Non solo: i sindacati che firmano questo accordo
devono perfino rinunciare a organizzare scioperi e proteste durante le trattative!
Di fatto, i sindacati che firmano rinunciano... a svolgere il ruolo di
sindacati. Accettano di diventare meri esecutori dei diktat dei padroni, come
già avvenuto con Fim e Uilm nel gruppo Fiat. Anzi, volendo essere precisi,
questo modello imposto a tutte le aziende del privato è persino peggiore del
modello Marchionne, perché impedisce ai sindacati firmatari qualsiasi azione
contro accordi approvati a maggioranza.
Di fatto la
cancellazione del sindacalismo conflittuale nel settore privato... Ma che interesse
hanno i sindacati a firmare?
Le
burocrazie sindacali di Cgil, Cisl e Uil da subito hanno deciso di
sottoscriverlo, insieme con Confindustria, al fine di garantirsi il monopolio
della rappresentanza sindacale. L'accordo prevede, infatti, che solo i sindacati
firmatari possono eleggere delegati in fabbrica (rsu e rsa) e partecipare alla
contrattazione collettiva o aziendale (se raggiungono il 5% della
rappresentanza). Non solo: solo i sindacati firmatari dell'accordo e
"rappresentativi" hanno diritto alle trattenute in busta paga. E'
chiaro quindi quali sono gli interessi materiali delle burocrazie sindacali:
per mantenere i loro privilegi economici e garantire i bilanci milionari non
hanno esitato a immolare lo strumento dello sciopero e la democrazia sindacale.
Il ricatto padronale ha funzionato anche nei luoghi di lavoro. Il padronato,
nel recente passato, sulla spinta delle lotte operaie, è stato costretto a
concedere una serie di diritti di rappresentanza sindacale (delegati in
fabbrica, distacchi, ecc.) che si sono ora tramutati in un'arma di ricatto: se
tu attivista sindacale vuoi continuare a fare il delegato come hai sempre fatto
nel tuo luogo di lavoro devi accettare di chinare la testa...
Non è la
prima campagna che il coordinamento No Austerity promuove contro questo
accordo. Un anno fa avete lanciato un appello ai sindacati conflittuali a non
firmare l'accordo... oggi rilanciate una nuova campagna. Come mai?
Il motivo è
presto detto. Purtroppo, nonostante il successo della precedente campagna - che
ha contribuito notevolmente a mettere il bastone tra le ruote a governo e
Confindustria - alcuni sindacati conflittuali hanno firmato l'accordo. Prima è
stata la volta della Fiom, che, dopo aver tuonato contro l'accordo nel
congresso Cgil, ha infine capitolato, presentando candidati alle rsu sulla base
dell'accordo. Successivamente, hanno capitolato anche alcuni sindacati
autonomi: prima i Cobas Lavoro Privato, lo Snater e l'Orsa, infine anche Usb.
Per questo il coordinamento No Austerity, insieme a tante altre sigle sindacali
locali e nazionali, ha deciso di rilanciare la campagna, chiedendo anzitutto ai
sindacati tradizionalmente conflittuali di ritirare la firma dall'accordo
infame. Questi sindacati hanno ceduto al ricatto padronale pensando di garantirsi
così uno spazio per le trattative... invece i fatti di questi ultimi giorni
dimostrano che i padroni hanno intenzione di chiudere tutti gli spazi! Squinzi
ha dichiarato che "sui contratti il capitolo è chiuso" e che i
padroni si sono resi conto "dell'impossibilità di portare avanti qualsiasi
trattativa con il sindacato". Riassumendo: i padroni, grazie
all'arrendevolezza delle direzioni sindacali, tentano di fare l'en plein: prima
hanno obbligato i sindacati a rinunciare al diritto di sciopero in cambio della
possibilità di partecipare alle trattative per i contratti, poi... hanno
dichiarato chiuse per sempre le trattative!
Una
sconfitta storica per la classe operaia?
Una
sconfitta, indubbiamente. Ma anche un'occasione per rilanciare il conflitto su
basi più chiare. La recente campagna contro l'accordo della vergogna sta
unificando dal basso la parte migliore del sindacalismo conflittuale in Italia.
Sarebbe lungo leggere tutto l'elenco dei firmatari: vi invito a leggerlo sul
sito www.coordinamentonoausterity.org.
Spesso non
solo le direzioni dei sindacati burocratici ma anche quelle dei sindacati
"di base" hanno mancato, per autoreferenzialità o settarismo, nella
costruzione di un ampio fronte di lotta unitario, basato su una reale
discussione democratica (e su un effettivo coinvolgimento della base). Oggi,
con le contraddizioni che si stanno dando in molti sindacati, si può aprire
un'importante occasione per costruire un nuovo e ampio fronte di resistenza
agli attacchi del governo e dei padroni. Per riprendere la metafora, l'en plein
ai padroni non è riuscito... e siamo orgogliosi, come attivisti di No
Austerity, di avervi contribuito!
Quali le
prossime scadenze?
Il
coordinamento sta organizzando incontri con le realtà che hanno firmato
l'appello per verificare se ci sono le condizioni per costruire una serie di
scadenze di lotta nazionali. E' in gioco la difesa dello stesso diritto di
sciopero, visto i continui attacchi che stanno subendo i lavoratori, in
particolari quelli dei settori dei cosiddetti "servizi essenziali",
che sono sottoposti a restrizioni rigidissime. Le recenti misure che hanno
colpito i lavoratori dei trasporti di Roma e Milano, i lavoratori dei Beni
culturali e, poco più in là nel tempo, i lavoratori della Granarolo, parlano da
sole. Ma anche le lotte che abbiamo portato avanti contro la "Buona
scuola" di Renzi si sono scontrate con queste restrizioni: nel pubblico
impiego in Italia c'è una legge che impedisce lo sciopero prolungato, di fatto
è possibile scioperare solo un solo giorno ogni due settimane ed è necessario
persino un largo preavviso... una manna per il governo, che riesce così a
imporre con facilità tagli miliardari. Ma, nella scuola come nelle fabbriche,
siamo pronti a organizzare la resistenza.
Molto
dipenderà dalla capacità di mobilitazione della classe che riusciremo a mettere
in campo. Auspichiamo che l'autunno possa essere un autunno caldo di lotte...
sicuramente noi ci impegneremo in questa direzione!
Intervista pubblicata su http://www.alternativacomunista.it/content/view/2227/1/
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