martedì 18 ottobre 2016

Filt-Cgil Vicenza - Manifestazione dei corrieri di SDA, TNT e UPS

COMUNICATO SINDACALE
FILT-CGIL VICENZA  

SABATO 22 OTTOBRE 2016 MANIFESTAZIONE DEI CORRIERI DI SDA-TNT-UPS,
CON CONCENTRAMENTO ALLE ORE 9,30
DI FRONTE ALLA STAZIONE FERROVIARIA DI VICENZA 

Da parecchi anni agli autisti che fanno i servizi per le grandi multinazionali della consegna dell'ultimo miglio, SDA,TNT,UPS ECC…. assunti da fornitori che acquisiscono gli appalti dalla committenza, quasi sempre al massimo ribasso, continua ad essere negato il diritto al contratto collettivo nazionale di lavoro nei contenuti normativi ed economici.
Lavoratori che stanno per strada a consegnare pacchi dalle 50 alle 60 ore settimanali, con retribuzioni misere e a rischio della propria incolumità fisica e quella dei cittadini.

MANIFESTIAMO PER

• CONQUISTARE L'APPLICAZIONE CONTRATTUALE SULLE COMPETENZE SALARIALI E SULL'ORARIO DI LAVORO


• VOGLIAMO LA SICUREZZA DEI MEZZI PER LA NOSTRA INCOLUMITÀ' E QUELLA DEI CITTADINI

• DICIAMO NO AI CONTINUI CAMBI DI APPALTO DOVE I FORNITORI CHE LASCIANO, SPESSE VOLTE NON PAGANO AI LAVORATORI LE ULTIME MENSILITÀ', IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO E MOLTE DELLE COMPETENZE ACCESSORIE DI STRAORDINARIO TRASFERTA ECC...

• DICIAMO BASTA A QUESTO SISTEMA MESSO IN PIEDI DALLE COMMITTENZE PER ABBASSARE IL COSTO DEL LAVORO SPREMENDO COME LIMONI I LAVORATORI. CHIEDIAMO DI ESSERE ASSUNTI DIRETTAMENTE DALLA COMMITTENZA.

Lavoratori A.L. Cobas del call-center Sky di Milano in Lotta

domenica 16 ottobre 2016

Pubblichiamo questo interessante articolo di Umanità Nova sul ruolo della donna dal fascismo ad oggi

UNA COMMEDIA TRAGICA
Il sistema attuale,‭ ‬tramite gli apparati culturali‭ (‬religione,‭ ‬scienza e mass-media‭)‬,‭ “‬modella‭” ‬i corpi femminili e maschili degli esseri umani.‭ (*)
Il corpo femminile,‭ ‬a differenza di quello maschile,‭ ‬può riprodurre esseri femminili e maschili.‭ ‬A causa di questa capacità,‭ ‬il corpo femminile è sempre stato sotto controllo del pensiero dominante.
Il controllo sulla riproduzione o fertilità viene fatto attraverso:‭ ‬le campagne mass-mediatiche‭ (‬questione religiosa e salutare,‭ ‬ripopolamento,‭ ‬etc‭)‬,‭ ‬gli studi‭ “‬scientifici‭” ‬e gli aiuti/briciole economiche per famiglie numerose.‭ ‬In periodi di crisi socio-economica,‭ ‬questo controllo sulla riproduzione o fertilità ha due obiettivi:‭ ‬distrazione di massa e creazione di individui per rinnovare la catena socio-economica.
Questo è quello che avviene in Italia.
Il passato fascista…
L’Italia,‭ ‬dal‭ ‬1922‭ ‬fino al‭ ‬1945,‭ ‬ebbe un regime fascista sostenuto dal consenso della grande borghesia e parte della gerarchia ecclesiastica.‭ ‬Il regime,‭ ‬per accrescere i consensi e creare il cosiddetto‭ “‬fascista perfetto‭”‬,‭ ‬entrò nella vita delle coppie italiane attraverso i cinegiornali,‭ ‬le radio e i giornali.‭
Il‭ ‬“fascista perfetto‭” ‬era l’uomo‭ “‬riconoscente a Dio per averlo fatto nascere italiano‭ ‬[…‭]” (‬1‭) ‬e‭ “‬considera il lavoro un dovere e il dovere una legge‭ […]‬,‭” (‬1‭) ‬mentre la donna,‭ ‬secondo il regime,‭ “‬è la prima responsabile del destino di un popolo,‭” (‬2‭) ‬ed‭ “‬è mobilitata dal Duce al servizio della Patria.‭” (‬2‭)
La capacità riproduttiva della donna,‭ ‬nel contesto fascista,‭ ‬era quello di‭ “‬essere madre,‭ ‬fattrice di figli,‭ ‬reggitrice e direttrice di vite nuove‭ […]‬,‭ ‬per essa occorre una intensa evoluzione spirituale verso il sacrificio,‭ ‬l’oblio di sé e l’anti-edonismo individualistico,‭” (‬3‭) ‬volto a conservare l’elemento del sangue,‭ “‬vincolo e quasi simbolo della continuità della razza,‭”‬(4‭) ‬e‭ “‬capace‭ ‬di equilibrare persino e neutralizzare,‭ ‬nella generazione,‭ ‬gli elementi decadenti o inferiori del maschio,‭ ‬e quindi è in grado di risanare le generazioni nuove.‭” ‬(4‭)
Mussolini,‭ ‬nel discorso dell’Ascensione alla Camera dei Deputati del‭ ‬26‭ ‬Maggio‭ ‬1927,‭ ‬affermò che bisognava recuperare i soldi per finanziare‭ “‬l’Opera nazionale per la protezione della  e dell’infanzia,‭ ‬voluta dall’onorevole Federzoni‭ […] ‬oggi diretta,‭ ‬con un fervore che ha dell’apostolato,‭ ‬dal nostro collega Blanc,‭” (‬5‭) ‬perché l’Italia‭ “‬deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di questo secolo con una popolazione non inferiore ai‭ ‬60‭ ‬milioni di abitanti.‭” (‬5‭) ‬Una‭ “‬tassa sui celibi‭” ‬e una‭ “‬tassa sui matrimoni infecondi‭”‬ avrebbe portato,‭ ‬secondo il discorso di Mussolini alla Camera dei Deputati,‭ ‬“dai‭ ‬40‭ ‬ai‭ ‬50‭ ‬milioni‭” ‬(5‭) ‬di lire nelle casse dello Stato e sarebbero stati devoluti all‭’‬Opera nazionale per la protezione della  e dell’infanzia.
Il controllo delle nascite e l’eugenetica libertaria‭ (‬6‭) ‬erano considerati dei veri e propri pericoli per lo status quo della società fascista.‭
Un esempio furono le critiche di Margaret Sanger‭ (‬7‭)‬:‭ ‬questo‭ ‬arruolamento alla maternità,‭ ‬secondo Sanger,‭ ‬avrebbe causato una futura sovra-popolazione e quindi‭ “‬l’abbassamento del livello di vita‭” ‬e‭ “‬una ricerca di nuovi territori,‭ ‬inevitabilmente acquisiti tramite la conquista.‭” (‬8‭)
Grazie alla censura e al lavoro continuo e costante dell’OVRA,‭ ‬questo genere di critiche non arrivarono mai in Italia.‭
L’emancipazione femminile,‭ ‬a differenza del controllo delle nascite e dell’eugenetica libertaria,‭ ‬veniva debellata come una malattia perché‭ “‬è‭ ‬contraria agli interessi della famiglia ed è contraria agli interessi della razza.‭ ‬La donna deve tornare sotto la sudditanza assoluta dell’uomo:‭ ‬padre o marito‭; ‬sudditanza,‭ ‬e quindi inferiorità:‭ ‬spirituale,‭ ‬culturale ed economica.‭” (‬9‭)
Secondo le dichiarazioni e i progetti di Mussolini e dei suoi burocrati,‭ ‬il compito principale delle  era quello di badare al‭ “‬focolare domestico‭”‬.‭ ‬Il lavoro‭ (‬10‭) ‬al di fuori di questo‭ “‬focolare domestico‭ ‬era escluso a priori.
L’esaltazione dell’eteronormatività di Stato era imprescindibile:‭ ‬l’omosessualità maschile e femminile erano considerati atti impuri,‭ ‬condannati al pubblico ludibrio e al confino.‭ (‬11‭)
Questo fu il regime fascista.‭
…il presente democratico‭ ‬(**)
Il‭ ‬21‭ ‬Marzo del‭ ‬2014,‭ ‬Beatrice Lorenzin,‭ ‬ministro della salute,‭ ‬rilascia un’intervista al giornale cattolico Avvenire.‭ ‬Lorenzin dà il meglio di sé alla domanda sul pensare alla vita e ai bambini:‭ “‬Già,‭ ‬i bambini.‭ ‬Devono tornare a nascere e serve‭ ‬educare alla maternità.‭ ‬Ho in testa una nuova sfida,‭ ‬un grande piano nazionale di fertilità.‭ ‬Il crollo demografico è un crollo non solo economico,‭ ‬ma anche sociale.‭ ‬È una decadenza che va frenata con politiche di comunicazione,‭ ‬di educazione e di scelte sanitarie.‭ ‬Bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema,‭ ‬bisogna prendere decisioni per aiutare la fertilità in questo Paese e io ci sto lavorando.‭ ‬Sia chiaro:‭ ‬nessun retropensiero e nessuno schema ideologico,‭ ‬ma dobbiamo affrontare il tema di un Paese dove non nascono i bambini.‭” (‬12‭)
Nello stesso anno,‭ ‬l’Istituto Superiore di Sanità‭ (‬I.S.S.‭) ‬pubblicava un documento contenente una serie di screening e dati statistici degli ultimi venti anni‭ (‬1991-2013‭)‬,‭ ‬dove si attestava un aumento delle I.S.T.‭ (‬Infezioni Sessualmente Trasmesse‭) (‬13‭)
Il ‭ ‬-‭ ‬che vigila sull’I.S.S.-,‭ ‬prendendo spunto da questo documento,‭ ‬crea un gruppo chiamato‭ “‬Tavolo consultivo in materia di tutela e conoscenza della fertilità e prevenzione delle cause di infertilità.‭” ‬Il‭ “‬gruppo di esperti‭” ‬afferma che la causa dell’infertilità delle coppie italiane sia dovuta alla disinformazione sulle IST.‭ ‬Per ovviare al problema di disinformazione dell’IST,‭ ‬il gruppo di esperti dichiara che bisogna‭ “‬conoscere più da vicino la nostra sessualità‭” ‬tramite la fertilità o capacità di riproduzione.‭ (‬14‭)
Il‭ ‬27‭ ‬Maggio‭ ‬2015,‭ ‬il Ministero della Salute‭ ‬-seguendo le affermazioni di questo‭ “‬gruppo‭” ‬e i dati raccolti dall’I.S.S.-,‭ ‬lancia il‭ “‬Piano Nazionale per la fertilità.‭ ‬Difendi la tua fertilità,‭ ‬prepara una culla nel tuo futuro,‭” (‬15‭) ‬istituendo un ,‭ ‬una giornata dove si terranno informazioni e formazioni sulla fertilità,‭ “‬dove la parola d’ordine sarà scoprire il‭ “‬Prestigio della Maternità‭”‬.‭” (‬16‭)
Le numerose critiche arrivate dai social network,‭ ‬hanno spinto il Ministero a rilasciare un comunicato‭ (‬17‭)‬,‭ ‬dove affermano che lo‭ “‬scopo della Giornata è informare correttamente la popolazione sui temi della fertilità,‭ ‬della salute riproduttiva,‭ ‬e sui fattori che possono metterla a rischio.‭ ‬Il Ministero si prefigge esclusivamente di fornire alla popolazione e soprattutto ai giovani informazioni e strumenti utili a preservare la fertilità che può essere inficiata da stili di vita non sani,‭ ‬comportamenti dannosi sul piano sanitario,‭ ‬malattie sessualmente trasmesse,‭ ‬ferma restando la libertà di ciascuno di gestirla secondo le proprie scelte di vita.‭”

Lo splendore dello squallore istituzionale.
Il passato e il presente del caso italiano,‭ ‬dimostrano come gli enti istituzionali esaltino la maternità e l’essere ,‭ ‬facendo appello‭ ‬-direttamente o velatamente-‭ ‬all’amor patriottico e a un non troppo malcelato razzismo o esaltazione bianca.‭ (‬18‭)
Questa esaltazione ed appello ruotano intorno alla gravidanza e al bambino:‭ ‬al resto,‭ ‬ci penserà la coppia‭ (‬rigorosamente‭) ‬eterosessuale.‭ ‬Lo Stato,‭ ‬attraverso i suoi enti e gli apparati culturali,‭ ‬riconosce le donne solo come madri.‭ ‬Al di fuori di questa cerchia,‭ ‬vi sono le donne senza figli che,‭ ‬a seconda della loro condizione socio-economica-,‭ vengono ‬isolate o escluse.‭ ‬Se invece la donna è migrante e/o una prostituta,‭ ‬subirà,‭ ‬oltre l’esclusione,‭ ‬anche la ghettizzazione e la coercizione verbale e fisica.
Il Piano Nazionale Fertilità,‭ ‬nato grazie ai dati statistici‭ (‬19‭) ‬raccolti in precedenza,‭ ‬rispecchia questo riconoscimento della‭ “‬donna come madre‭”; ‬è‭ ‬un ottimo mezzo usato dal Ministero della Salute per mantenere i buoni rapporti con le cliniche gestite dalle istituzioni ecclesiastiche‭ ‬-tagliando le spese superflue al settore sanitario pubblico e‭ “‬recuperando‭” ‬10‭ ‬miliardi di euro‭ (‬20‭)‬-,‭ ‬e mettere un freno all’educazione sessuale e all’interruzione di gravidanza.‭ (‬21‭)
Non solo:‭ ‬il discorso della maternità è anche un diversivo per mascherare i problemi di uno Stato.‭ ‬In tempi di crisi,‭ ‬utilizzare un’espressione altisonante quale‭ “‬potenziamento del Welfare State con il Piano Nazionale della Fertilità,‭” ‬risulta dolce come le mandorle ma velenosa come il cianuro.‭ ‬Dolce perché con il Welfare State vengono ripristinati degli sgravi economici utili per la sopravvivenza di aziende e lavoratori/lavoratrici‭; ‬velenosa perché,‭ ‬nel contesto della maternità,‭ ‬si chiede di creare forza lavoro da immettere nel processo produttivo.‭
Quando si arriva a un punto di non ritorno‭ (‬sovrapopolazione,‭ ‬penuria di alimenti e guerre locali tra pover‭*) ‬entrano in gioco le guerre,‭ ‬le malattie e le migrazioni‭ ‬-tutte utili a sfoltire la popolazione‭ “‬in eccesso.‭”
Ed è così che lo sfruttamento del corpo della donna e dei/delle futur‭* ‬nascitur‭* ‬diventano‭ (‬e continuano ad essere‭) ‬il combustibile per il Moloch Capitale-Statale.‭
LaHyena
Note
‭(*) ‬Quando parlo di femmina-maschio in ambiente umano,‭ ‬intendo donna-uomo.‭ ‬Viene‭ “‬escluso‭” ‬il discorso trans sul Fertility Day perché è una questione che,‭ ‬data la sua complessità e lunghezza,‭ ‬va trattata storicamente e attualmente a parte.‭ (‬e non perché sia meno importante et similia‭)
(**) Per motivi di spazio,‭ ‬ho escluso tutta la parte di dibattito sulla condizione della donna‭ (‬comprese le lotte femministe‭) ‬durante i governi della prima repubblica‭ (‬in particolare sulle dichiarazioni e le misure sociali adottate dai governi democristiani e socialisti‭) ‬e i governi di centro sinistra e centro destra del ventennio‭ ‬1994-2013.
‭(‬1‭) ‬Tratto dal Decalogo di Benito Mussolini,‭ “‬IL FASCISTA.‭”
(2‭) ‬Tratto dal‭ ‬Decalogo e Speranze della Piccola Italiana.
‭(‬3‭) ‬Compiti della donna,‭ ‬in Critica fascista,‭ ‬n.‭ ‬14,‭ ‬1933
‭(‬4‭) ‬Nozioni coloniali per le organizzazioni femminili del Partito nazionale fascista,‭ ‬Trento,‭ ‬1939
‭(‬5‭) ‬Benito Mussolini,‭ “‬Discorso dell’ascensione:‭ ‬il regime fascista per la grandezza d’Italia‭ ‬:‭ ‬pronunciato il‭ ‬26‭ ‬maggio‭ ‬1927‭ ‬alla Camera dei deputati,‭” ‬Libreria del Littorio,‭ ‬Roma‭ ‬1927,‭ ‬pag.‭ ‬16-17
‭(‬6‭) ‬Sull’Eugenetica libertaria,‭ ‬vedere Andrea Mio,‭ “‬Cultura libertaria e nuova società.‭ ‬Le riviste spagnole di divulgazione alternativa‭ (‬1923-1936‭)‬,‭” ‬parte‭ “‬4.‭ ‬L’eugenetica.‭” ‬Mio cita divers‭* ‬attivist‭* ‬anarchic‭*‬,‭ ‬in particolare quell‭* ‬che scrivevano nella rivista‭ “‬Generación Consciente‭”‬:‭ “‬L’umanità è degenerata‭; ‬i vizi la corrodono‭ [‬…‭]; ‬la miseria e l’ignoranza la mantengono nella più ripugnante abiezione‭ [‬…‭]‬.‭ ‬Per rigenerarla esistono vari metodi,‭ ‬ma la bontà di due salta subito agli occhi:‭ ‬uno è la procreazione cosciente,‭ ‬limitata,‭ ‬l’altro è l’educazione razionale,‭ ‬integrale.‭ ‬Sicuramente questi due metodi basterebbero per rinnovare l’umanità e formare una società migliore.‭ [‬…‭] ‬Quindi un nuovo genere umano è possibile solo con la fusione di questi due termini:‭ ‬generazione cosciente e limitata ed educazione scientifica,‭ ‬neutrale ed integrale.‭ [‬…‭]‬” (José Chueca,‭ ‬Nueva Humanidad,‭ ‬Generación Consciente,‭ ‬anno I,‭ ‬numero‭ ‬3,‭ ‬agosto‭ ‬1923,‭ ‬Valencia,‭ ‬pagg.‭ ‬45-47.‭)
(7‭) ‬Margaret Sanger fu un’attivista americana,‭ ‬educatrice,‭ ‬scrittrice e infermiera.‭ ‬Definita la‭ “‬pioniera della contraccezione negli USA,‭” ‬collaborò con divers‭* ‬attivist‭* (‬John Reed,‭ ‬Upton Sinclair,‭ ‬Mabel Dodge,‭ ‬Emma Goldman etc‭)‬.‭ ‬A partire dalla seconda metà degli anni‭ ‘‬20‭ ‬fino alla sua morte,‭ ‬fu oggetto di critiche per le sue partecipazioni in convegni organizzati dal KKK e accusata di voler sterminare la popolazione afro-americana attraverso l’eugenetica‭ (‬questo viene riportato nel libro di Angela Yvonne.‭ ‬Davis,‭ ‬Women,‭ ‬Race‭ & ‬Class,‭ ‬Vintage Books Edition,‭ ‬February‭ ‬1983,‭ ‬pag.‭ ‬187‭)
(8‭) ‬Margaret Sanger,‭ “‬Motherhood Enslaved in Italy,‭” ‬1929,‭ ‬Margaret Sanger Papers,‭ ‬Library of Congress.
‭(‬9‭) ‬Elisabetta Mondello,‭ ‬La nuova italiana.‭ ‬La donna nella stampa e nella cultura del ventennio,‭ ‬Editori Riuniti,‭ ‬Roma,‭ ‬1987.‭ ‬La citazione è di Ferdinando Enrico Loffredo,‭ ‬funzionario statale e collaboratore di riviste quali‭ “‬Difesa Sociale-Organo dell’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale,‭” “‬Famiglia Fascista‭” ‬e‭ “‬La Difesa della Razza.‭”
(10‭) ‬L’opuscolo‭ ‬Fare le italiane‭ (‬Marzo‭ ‬2013‭) ‬del Collettivo femminista MeDea,‭ ‬è un ottimo resoconto della condizione socio-economica della donna durante il regime fascista e una critica a chi elogia la famiglia modellata dal regime fascista.‭ ‬L’opuscolo riporta che il governo liberale prima e il regime fascista dopo,‭ ‬riuscirono a escludere le donne dal mondo del lavoro:‭ “‬Il possibile salto tra trasformazione soggettiva della propria condizione‭ ‬-il lavoro,‭ ‬soprattutto in fabbrica,‭ ‬diviene anche occasione di confronto,‭ ‬dialogo e scambio tra donne nonché‭ ‬,‭ ‬almeno per le impiegate,‭ ‬possibilità di accesso ad un mondo di consumi,‭ ‬dal cinema all’abbigliamento,‭ ‬che modifica le aspettative sul proprio destino di donna‭ – ‬e mutamento collettivo radicale dal punto di vista politico,‭ ‬culturale e sociale,‭ ‬viene interrotto con l’espulsione generalizzata delle donne dal mondo del lavoro che inizia già nel dicembre del‭ ‬1918,‭ ‬si perfeziona nel biennio‭ ‬1919-1920,‭ (‬legge Giolitti sul licenziamento delle donne da tutti gli uffici pubblici per lasciare il posto ai reduci di guerra‭)‬,‭ ‬e si compie definitivamente con le norme del‭ ‬1938.‭” (‬Fare le italiane,‭ ‬pag.‭ ‬4‭)
(11‭) ‬Vedere‭ (‬a cura di‭) ‬Nerina Milletti,‭ ‬Luisa Passerini,‭ “‬Fuori della norma.‭ ‬Storie lesbiche nell’Italia della prima metà del Novecento,‭” ‬Rosenberg&Seller,‭ ‬Torino,‭ ‬2007‭; ‬Lorenzo Benadusi,‭ “‬Il nemico dell’uomo nuovo.‭ ‬L’omosessualità nell’esperimento totalitario fascista,‭” ‬Feltrinelli,‭ ‬Milano,‭ ‬2005.
‭(‬12‭) ‬Lorenzin:‭ «‬Un piano per la natalità‭»‬,‭ ‬Avvenire,‭ ‬21‭ ‬marzo‭ ‬2014.
‭(‬13‭) ‬Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità.‭ ‬Le Infezioni Sessualmente Trasmissese:‭ ‬aggiornamento dei dati dei due Sistemi di sorveglianza sentinella attivi in Italia al‭ ‬31‭ ‬dicembre‭ ‬2013,‭ ‬Volume‭ ‬28,‭ ‬Numero‭ ‬2,‭ ‬Febbraio‭ ‬2015.
‭(‬14‭) ‬Sterilità,‭ ‬in Italia quella di coppia è ormai un disagio sociale:‭ ‬arriva il piano nazionale,‭ ‬Il Fatto Quotidiano,‭ ‬28‭ ‬Maggio‭ ‬2015.
‭(‬15‭) ‬Fertilità,‭ ‬Ministro Lorenzin presenta Piano nazionale,‭ ‬Comunicato rilasciato dal sito internet del Ministero della Salute,‭ ‬27‭ ‬maggio‭ ‬2015.
‭(‬16‭) ‬Fertility Day,‭ ‬Comunicato del sito internet del Ministero della Salute,‭ ‬data evento:‭ ‬22‭ ‬Settembre.
‭(‬17‭) ‬Fertility Day,‭ ‬precisazione della Direzione Prevenzione e Direzione Comunicazione del Ministero della Salute,‭ ‬Comunicato del sito internet del Ministero della Salute,‭ ‬31‭ ‬Agosto‭ ‬2016,‭ ‬Aggiornato‭ ‬2‭ ‬Settembre‭ ‬2016.
‭(‬18‭) ‬Nuove polemiche sul Fertility day,‭ “‬manifesto razzista,‭ ‬Agi.it,‭ ‬21‭ ‬Settembre‭ ‬2016.‭ ‬Il manifesto è un collage di due foto:‭ ‬nella prima vi sono due coppie bianche eterosessuali,‭ ‬nella seconda degli uomini‭ (‬tra cui un nero‭) ‬e una donna che fumano marijuana.
A seguito di polemiche sorte per questo collage,‭ ‬Lorenzin afferma che‭ “‬il razzismo è negli occhi di chi guarda.‭” (‬Fertility day,‭ ‬Ministero:‭ «‬Accuse di razzismo ridicole.‭ ‬Domani si parla di prevenzione e cura‭»‬,‭ ‬Il Sole‭ ‬24‭ ‬Ore,‭ ‬21‭ ‬Settembre‭ ‬2016‭)
(19‭) ‬La statistica è una scienza che analizza i fenomeni tramite i dati rilevati. Un esempio sono i fenomeni sociali, economici, naturali e politici. Pëtr Kropotkin, ne “La conquista del pane,” affermava che la statistica “mendace può venir fabbricata negli uffici; la statistica vera, esatta, non può pervenire che dall’individuo, risalendo dal semplice al composto” ed essere utilizzata per l’emancipazione dell’individuo dalla struttura socio-economica capitalista.”
(20‭) ‬Sanità,‭ ‬arrivano dieci miliardi di tagli per decreto:‭ ‬stop a visite e medici,‭ ‬Il Fatto Quotidiano,‭ ‬27‭ ‬Luglio‭ ‬2015.
‭(‬21‭) ‬Non dimentichiamo che questo avviene grazie alla complicità non troppo indiretta dei neofascisti italiani‭ (‬Forza Nuova con i suo gruppi femminili e Casapound con‭ “‬Tempo di essere madri.‭”)

Il quadro sindacale e gli scioperi d'autunno - Grandi e piccole complicità che frenano la lotta di classe




di Fabiana Stefanoni*

"Si possono spiegare quotidianamente le idee più semplici alle masse contadine e arretrate senza provare il minimo senso di stanchezza: in questo caso si tratta di far progredire strati ancora freschi. Ma che fatica dover spiegare le idee fondamentali a gente col cervello appiattito dalle falsità burocratiche!". Potrà sembrare fuori luogo iniziare un articolo sull'attuale quadro sindacale in Italia con questa citazione di Trotsky, scritta in un contesto molto differente e riferita all'atteggiamento della burocrazia staliniana. Eppure pensiamo che queste parole conservino una straordinaria attualità. Anche oggi riscontriamo una resistenza quasi perversa - controrivoluzionaria, direbbe Trotsky - alle esigenze evidenti (e quasi banali) dello scontro di una classe contro un'altra classe: la necessità della costruzione di un ampio fronte unico di resistenza e di lotta.
Con una crisi economica che nulla ha da invidiare a quella di altri Stati europei, l'Italia rimane uno dei Paesi con il livello di lotte più basso. Non che le azioni di resistenza e gli scioperi manchino: sono però frammentati e divisi e stentano a tradursi in un'azione di massa di ampie dimensioni (come è invece avvenuto ad esempio recentemente in Francia con le mobilitazioni contro la Loi Travail).
Il fenomeno è sicuramente frutto di una combinazione di fattori, che non qui è possibile indagare nel dettaglio. Ma pensiamo che ci siano due elementi, in particolare, che contribuiscono a spiegare l'arretratezza del livello di scontro di classe nel nostro Paese: da un lato, il ruolo di controllo sulla classe che ancora riescono a esercitare i grandi apparati sindacali burocratici (Cgil, Cisl e Uil); dall'altro, la debolezza del sindacalismo conflittuale e "di base", sempre più prigioniero di atteggiamenti autoreferenziali e settari. Ne è un esempio la decisione da parte delle sigle del sindacalismo conflittuale di proclamare due giornate di sciopero generale separate - e di fatto in competizione - a distanza di pochi giorni.


I grandi apparati burocratici sempre più proni al capitale 

Per comprendere quale sia il ruolo che si apprestano a svolgere i grandi apparati burocratici di Cgil, Cisl e Uil nella prossima fase basta segnalare che il 1° settembre hanno stilato, nella foresteria di Confindustria, un documento comune con le associazioni degli imprenditori, presentato al governo come proposta condivisa di gestione delle crisi industriali. Un'intesa che, secondo la Camusso, apre "finalmente" una stagione diversa, perché dimostra "che le parti sociali sono in grado di fare accordi e proposte, rivendicando un'interlocuzione col governo". 
Se non fosse tragico, un accordo di questo tipo parrebbe quasi una barzelletta. E' come se i capponi presentassero al cuoco, insieme ai commensali, una ricetta per essere meglio cucinati al pranzo di Natale. Al cuoco - in questo caso il governo - tocca solo decidere i dettagli: potrà valutare se cuocerli a fuoco lento oppure no, ma la sorte dei poveri capponi è scontata.
Fuor di metafora, è evidente che ormai anche mimare il conflitto è diventato qualcosa di sconveniente per i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil. Per conservare i privilegi acquisiti e preservare gli interessi della burocrazia, preso atto che non esistono più spazi di riformismo e che i padroni non intendono mollare nemmeno poche briciole, hanno accettato di abbandonare qualsiasi velleità di opposizione per dedicarsi esclusivamente al ruolo che da sempre riesce loro meglio: quello di pompieri del conflitto di classe.
La decisione dell'apparato Fiom, Landini in testa, di acconsentire all'accordo della vergogna (1) contribuisce a spiegare perché, in questo autunno di feroci attacchi padronali, sul sito del sindacato dei metalmeccanici della Cgil la parola sciopero non compaia quasi mai, se non per citare miseri sciopericchi di un'ora (come quello proclamato dopo l'omicidio dell'operaio a Piacenza) o per richiamare all'ordine gli operai dell'Fca (ex Fiat) che hanno deciso di scioperare contro Marchionne (2). Rispettare l'accordo della vergogna ha delle implicazioni ben precise: significa rinunciare all'azione conflittuale per relegare lo sciopero a un'innocua azione rituale. Un accordo, va precisato, alla fine accettato anche dalla sinistra interna ("Il sindacato è un'altra cosa") che ha presentato propri candidati alle elezioni rsu, deponendo le armi e rinunciando a creare una vera opposizione in Cgil. 


Al di fuori dei grandi apparati: cosa non funziona

Il fatto che stenti a decollare un'azione conflittuale di massa richiede una riflessione anche sul sindacalismo alternativo, riferendoci con questa espressione alle tante sigle del sindacalismo "di base" (utilizziamo non a caso le virgolette perché, come vedremo tra un po', spesso la base in questi sindacati conta molto poco).
Nate su stimolo di importanti e radicali conflitti nei luoghi di lavoro, le sigle sindacali alternative non godono certo di buona salute. Il fatto stesso che esistano innumerevoli sigle sindacali "di base", anziché essere indice di vivacità delle lotte, è spesso, al contrario, sintomo della progressiva affermazione di logiche e deviazioni burocratiche che producono infinite scissioni ai vertici. 
Non vogliamo, in questo articolo, fare di tutta l'erba un fascio, né negare il fatto che il sindacalismo di base vede impegnati migliaia di onesti e combattivi attivisti nel tentativo di costruire un'alternativa sindacale ai grandi apparati burocratici. Tuttavia pensiamo che esista un fenomenogeneralizzato - e per questo non citeremo nessuna sigla in particolare - che proviamo a spiegare così: l'assenza di attenzione alla democrazia operaia e alle sue esigenze, in un contesto di riflusso della lotta di classe, ha trasformato le strutture dirigenti di tanta parte del sindacalismo alternativo in strumenti di conservazione di logiche di appartenenza e di apparato, con scarsissima effettiva partecipazione della base alle decisioni politiche. 
Uno degli aspetti più drammatici della degenerazione del sindacalismo alternativo è la capitolazione di alcuni settori all'accordo vergogna sulla rappresentanza: ciò significa, nel settore privato, svolgere di fatto il medesimo ruolo di Cgil, Cisl e Uil (con l'aggravante che il confronto è perso in partenza in ragione di evidenti rapporti di forza). Alcuni sindacati "di base" hanno deciso di firmare questo accordo liberticida senza nemmeno convocare un congresso straordinario, approvandolo in una riunione ordinaria di apparato. E' una scelta gravissima che avrà delle conseguenze pesanti sulla futura evoluzione di queste organizzazioni, che, se non rivedranno questa decisione, probabilmente saranno destinati a convertirsi in "piccole Cgil". 
Ma la firma dell'accordo della vergogna non è l'unico limite che riscontriamo nel sindacalismo alternativo. Sono molte, e purtroppo spesso tollerate senza battaglia interna, le storture burocratiche: liderismo estremo, con autoproclamati capi che gestiscono il sindacato come fosse un'impresa di famiglia, promuovendo dirigenti e funzionari sulla base della fedeltà; espulsioni sommarie di operai e attivisti cui non viene nemmeno lasciato il diritto di difesa (e che magari vengono a sapere dal padrone, nel corso di una lotta o di uno sciopero, di non essere più "riconosciuti" dal proprio sindacato...); atteggiamenti maschilisti (e persino aggressioni) all'interno del sindacato, di cui ci si rifiuta persino di parlare perché "non sono questioni sindacali"; mancata solidarietà ad attivisti che subiscono violenze padronali; legittimazione di aggressioni fisiche ai danni di lavoratori di altri sindacati; congressi farseschi, convocati una tantum, in cui non esiste il diritto di presentare posizioni alternative a quelle dei dirigenti in carica o in cui gli statuti vengono cambiati da un giorno all'altro senza coinvolgere la base nella discussione; nomina dall'alto dei dirigenti e dei delegati con esclusione intenzionale di tutte le voci critiche; congressi organizzati senza nessun rispetto delle norme statutarie; delegittimazioni (con tanto di diffide o minacce) di realtà sindacali di fabbrica o territoriali che organizzano lotte "non approvate dai vertici"; e così via. 
Il quadro complessivo che ne esce è quello di un universo di piccole sigle in perenne competizione tra di loro, in cui la base - quella vera - conta veramente poco e, per questo, trionfano le logiche autoreferenziali dei leader. Ne consegue l'incapacità, che a tratti assume dei tratti patologici, di mettere in campo azioni unitarie di classe, nonché di comprendere una verità banale della lotta di classe: è necessario assicurare alla classe lavoratrice la possibilità di un fronte unico nella lotta contro il capitale, malgrado le divisioni. Più si accentuano le deviazioni burocratiche nelle organizzazioni sindacali "di base", più gli apparati si rinchiudono su sé stessi e attaccano le altre sigle finendo così per lasciare i lavoratori in balia degli attacchi feroci di padroni e governo: uno stato di guerra di tutti contro tutti in cui alla fine nessuno sopravvive.


Gli scioperi generali in programma per l'autunno

Quest'autunno si caratterizza, dal punto di vista sindacale, per due fatti degni di nota: il silenzio assordante da parte dei grandi apparati burocratici (Cgil e Fiom incluse) sulla necessità di uno sciopero generale e l'ennesima prova di divisione da parte del sindacalismo "di base". Dopo molti mesi dall'ultimo sciopero generale, le sigle del sindacalismo alternativo hanno infatti deciso di dividersi ancora una volta e proclamare due date di sciopero generale a distanza di due settimane: una il 21 ottobre (Usb, Usi, Si.Cobas e altri: il 22 ottobre è prevista a Roma una manifestazione contro Renzi) e una il 4 novembre (Cub, Usi-Ait, Sgb). 
Non accusiamo nessuna di queste sigle di avere la "principale" responsabilità in questa divisione, se non altro per risparmiarci il solito coro penoso di autodifese e accuse reciproche. Ci limitiamo a constatare quello che sta avvenendo in questi giorni nei luoghi di lavoro: attivisti sindacali che si trovano in difficoltà davanti agli operai del loro sindacato che chiedono straniti perché dovrebbero scioperare un giorno e non l'altro; lavoratori che fanno confusione tra le sigle e non capiscono più, esattamente, a quale sindacato sono iscritti e a quale sciopero dovrebbero aderire; operai che fanno collette di soldi per poter scioperare due giorni non volendo apparire come crumiri davanti ai colleghi che scioperano nell'altra data; persino, purtroppo, lavoratori delusi che rinunciano a scioperare...
Intendiamoci: la proliferazione di date di sciopero generale sarebbe ottima cosa se derivasse da una fase di ascesa della lotta di classe. Ma oggi sappiamo che le cose non stanno così. Sono purtroppo ancora poche le realtà operaie in sciopero e in lotta prolungati. La verità è molto più triste: le sigle del sindacalismo conflittuale, per ragioni di miopia settaria e in contrasto con la volontà unitaria della loro base, hanno deciso di anteporre gli interessi di sigla e di perdere un'importante occasione di rilanciare un'azione di sciopero e di lotta incisiva contro il governo e contro le loro politiche.
Le compagne e i compagni di Alternativa comunista saranno in piazza al fianco dei lavoratori e della lavoratrici in sciopero sia il 21/22 ottobre sia il 4 novembre. Al contempo, critichiamo con forza la scelta di aver frammentato le iniziative di sciopero e di lotta e, per questo, sosteniamo la campagna del Fronte di Lotta No Austerity - una delle poche esperienze unitarie e organizzate democraticamente in controtendenza col quadro fin qui descritto - per la costruzione di un vero e unitario sciopero generale:
http://www.frontedilottanoausterity.org/index.php?mod=none_News_bkp&action=viewnews&news=top_1474929349
Uniti si vince, si gridava una volta in piazza: uno slogan che pensiamo conservi oggi tutta la sua validità.
Note
(1) Per ricapitolare gli aspetti peggiori di questo accordo rimando a questa mia intervista:
http://www.alternativacomunista.it/content/view/2219/78/
(2) Ricordiamo che la direzione della Fiom ha deciso di sanzionare i propri delegati di fabbrica in Fca (Ex Fiat) per aver partecipato alla costruzione di un coordinamento tra i delegati di diverse fabbriche Fca del centro-sud e per aver proclamato gli scioperi dello straordinario comandato nelle loro fabbriche.

* Fabiana Stefanoni è dirigente del Partito d'Alternativa Comunista e attivista della CUB e del Fronte di Lotta No Austerity.

giovedì 13 ottobre 2016

La dura lotta delle lavoratrici e dei lavoratori A.L. COBAS del call-center Sky di Milano

Riceviamo dai compagni di A.L. COBAS e volentieri pubblichiamo questo volantino relativo all'ultimo sciopero di una serie iniziata a maggio di quest'anno. 
CUBlog esprime solidarietà alle lavoratrici e i lavoratori del call-center Sky di Milano in lotta.

lunedì 10 ottobre 2016

Riceviamo dalla Cub Trasporti di Roma e volentieri pubblichiamo

Maternità o aborto? Tra obiezione di coscienza e Fertility day

di Laura Sguazzabia  (PdAC)

Il 28 settembre è la giornata dedicata da anni in alcuni Paesi ad iniziative e manifestazioni a favore dell’aborto legale o depenalizzato, sicuro e gratuito, garantito per le donne di tutto il mondo. Il diritto delle donne ad accedere ad un aborto libero, sicuro e gratuito cambia infatti da Paese a Paese: in alcuni l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è completamente illegale, in altri è permessa solo in casi eccezionali, in altri ancora è legale ma le donne incontrano diverse difficoltà ad accedervi.

 

L’anomalia dell’Italia
In Italia parrebbe non servire questa ricorrenza: l’interruzione volontaria di gravidanza è tutelata dalla L. 194/78, con la quale l’IVG viene riconosciuta come una pratica legale, libera, gratuita ed assistita. Nonostante ciò, il diritto delle donne ad accedere liberamente all’aborto è duramente attaccato: anche se trasversalmente nessuno sostiene di voler cambiare o abolire la 194, è palese il tentativo di renderla inefficace, sia dal punto di vista normativo attraverso linee guida, riforme, regolamenti ecc., ma soprattutto dal punto di vista della sua applicazione. L’aborto infatti pur essendo sulla carta una pratica legale, libera, gratuita ed assistita, nei fatti è oggi inaccessibile in Italia. Si sta verificando una vera e propria inapplicabilità della legge 194 per l’alta percentuale di medici e personale paramedico che si avvale dell’obiezione di coscienza, ossia della facoltà di astenersi dalla pratica abortiva in virtù di convinzioni ideologiche o religiose. Si parla di una media nazionale del 70%, ma con regioni che arrivano anche a punte dell’80-90% come 82% in Campania, 86% in Puglia, 87,6% in Sicilia, 80% nel Lazio, 90% in Basilicata, 93,3% in Molise. In parole povere, in più di sette ospedali su dieci l’intero personale mette alla porta le donne che intendono interrompere la gravidanza. Le ragioni di questa scelta spesso non hanno a che vedere con le opinioni personali o di fede del singolo medico, bensì coi notevoli vantaggi di carriera che l'obiettore ottiene. 
L’aspetto più allarmante è che oltre a stratificarsi nella gerarchia ospedaliera con un raggio di copertura che va dal vertice di medici e anestesisti, passando per il personale infermieristico, fino alla base del personale ausiliario, l’obiezione di coscienza si sta estendo anche come campo di applicazione: la scelta non coinvolge più soltanto la pratica dell’IVG, ma persino la prescrizione di farmaci contraccettivi o di tecniche abortive alternative.
Questa situazione contribuisce ad alimentare il mercato degli aborti illegali. Molte donne scelgono di andare all’estero o di rivolgersi ai cosiddetti “cucchiai d’oro”, ginecologi che privatamente effettuano IVG: secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istituto superiore della Sanità sono stati circa 15.000 gli aborti clandestini. Ma questa cifra potrebbe essere sottostimata perché non tiene conto degli aborti delle donne immigrate che non si avvicinano alla sanità pubblica, soprattutto se clandestine. Le donne che abortiscono clandestinamente assumono farmaci impropri, comprati sottobanco o via internet, dalle conseguenze a volte mortali, o si affidano alle cure di neo-“mammane”, pericolose tanto quanto i farmaci impropri.
L’obiezione di coscienza è arrivata a livelli talmente alti da impedire alle donne l’esercizio di un diritto che ormai dovrebbe essere più che consolidato. Ma a dimostrazione che in Italia è invece l’obiezione di coscienza ad essere un diritto consolidato, e non l’aborto, arrivano le nuove multe previste dalla legge sulle depenalizzazioni che, anziché affrontare il problema, punisce in maniera ancora più aspra quelle donne che si trovano ad affrontare una delle difficoltà più grandi della loro vita. 
Oggi, in Italia, abortire seguendo la legge è spesso quasi impossibile. La percentuale di adesione all’obiezione di coscienza e la conseguente chiusura di numerosi presidi ginecologici, comporta trafile da incubo fra porte sbattute in faccia, pellegrinaggi alla ricerca di medici non obiettori, numeri da prendere al volo, prenotazioni, giornate perse, settimane che passano con il corpo che cambia e la gravidanza che procede inesorabile con conseguenze facilmente immaginabili. Questo significa che praticare l’interruzione di gravidanza è diventato per le donne italiane un percorso ad ostacoli e contro il tempo. La loro possibilità di autodeterminare la propria sessualità sia nella contraccezione sia nella maternità è sottoposta al ricatto di un’altra scelta, quella dell’obiezione di coscienza, frutto di una cultura maschilista che le preferisce succubi e relegate tra le mura domestiche ad accudire forza lavoro per il capitale.

 

L’utopia della maternità consapevole
La possibilità di autodeterminarsi sessualmente oscilla tra i due estremi della maternità e dell’aborto: togliere o ostacolare uno dei due produce uno sbilanciamento ed impedisce una scelta reale. In Italia tuttavia anche l’estremo della maternità è fortemente ostacolato. Per molte persone gli ostacoli sono legislativi e ne limitano drammaticamente la libertà di scelta, come per le coppie soggette ad infertilità la rigidissima legge 40 sulla procreazione assistita o per le coppie omosessuali l’impossibilità di adottare figli.  
In questo scenario kafkiano, si inserisce il Fertility day, cioè la cosiddetta giornata nazionale dedicata all'informazione e formazione sulla fertilità umana, è istituita a luglio dal governo. Il primo Fertility day si è svolto lo scorso 22 settembre, lanciato dalla ministra della salute Lorenzin, la stessa che nega vi sia in Italia un problema sull'obiezione di coscienza e sull'appplicabilità della 194, che si esprime a favore delle restrizioni della L. 40 e contro il decreto per l'adozione da parte di coppie omosessuali. Alla base dell'iniziativa, la necessità di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul tema della fertilità e della sua protezione, più in generale della maternità consapevole: in base agli ultimi dati Istat, che risalgono al 2014, il tasso di fecondità (vale a dire il numero medio di figli per donna) in Italia è tra i più bassi in Europa, appena l'1,37 per cento. Le città di Roma, Padova e Catania, con tutti gli altri comuni italiani che hanno aderito, hanno organizzato tavole rotonde con esperti della materia, operatori sanitari, rappresentanti degli ordini professionali e associazioni per discutere del tema. Oltre alla realizzazione di un sito apposito e alla produzione di materiale promozionale in formato scaricabile, per lanciare la giornata di sensibilizzazione sono state attivate due campagne di comunicazione, entrambe dagli esiti catastrofici: la prima ha scatenato pesanti polemiche sui social anche con interventi indignati di personaggi della cultura, dello spettacolo e della politica, al punto da costringere la ministra Lorenzin a ritirarla; la seconda, giudicata razzista, ha portato al licenziamento dell'addetto alle comunicazioni del ministero. Nonostante questa bufera di polemiche la giornata si è svolta secondo i programmi e, contemporaneamente alle iniziative istituzionali, nelle piazze è andato in scena il Fertility fake, movimento nato e cresciuto in rete per protestare contro l'idea veicolata dall'iniziativa che siano ammissibili soltanto la famiglia tradizionale e il figlio biologico, e contro una ministra che si preoccupa della scarsa fertilità della popolazione italiana, ma non delle ragioni per cui in Italia non si fanno figli. 
Da più parti sono state richieste le dimissioni della Lorenzin. Sarebbe facile unirsi a quel coro. Sarebbe facile ma inutile perché comunque non cambierebbe nulla. Seppur imbarazzante o “inguardabile” (per dirla con le parole di Renzi) l’operato della Lorenzin non è stato minimamente disconosciuto dal governo perché si tratta di un agire perfettamente allineato con le azioni dell’attuale governo in altri ambiti di intervento: il Jobs Act con la pesante accentuazione del precariato (come le statistiche dimostrano, le donne più facilmente entrano e rimangano nel mercato del lavoro con forme precarie e sottopagate a parità di mansioni con gli uomini), la Buona Scuola con la “deportazione” di migliaia di insegnanti (effetto che ha riguardato maggiormente le donne dal momento che sono in percentuale la maggioranza del corpo docente italiano), l’allungamento dell’età pensionistica (meta faticosamente raggiunta dalle donne a causa della loro prematura fuoriuscita dal mercato del lavoro, spesso anche per maternità, e comunque tragicamente al di sotto della soglia di povertà a causa della disparità salariale), i continui tagli a sanità ed istruzione con il conseguente impoverimento dei servizi (sono le donne a pagare il prezzo più alto delle riforme in questi settori: da un lato come utenti sono penalizzate perché la mancanza di servizi ricade interamente sulle loro spalle, dall’altro perché sono i settori in cui sono maggiormente impiegate: paradossalmente, una volta licenziate ed espulse dal mondo del lavoro, tornano a casa per dedicarsi alla cura di bambini, anziani e ammalati, per sopperire in questo modo alle mancanze dello Stato). Queste riforme hanno maggiormente gravato sulle spalle delle donne, peggiorandone una situazione già compromessa di inserimento e permanenza nel mondo del lavoro, costringendole spesso a fuoriuscite forzate per rimanere tra le mura domestiche a gestire i carichi familiari di accudimento e cura, sempre più spesso oggetto di una violenza da cui è quasi impossibile sottrarsi senza autonomia economica e senza punti di riferimento, visti anche i tagli ai finanziamenti per i centri antiviolenza.

 

Contro l’attacco all’autodeterminazione delle donne 
Questa campagna costituisce l’ennesimo affondo all’autodeterminazione delle donne, nella misura in cui le invita apertamente a recuperare di propria volontà il ruolo di “angelo del focolare”. E’ un invito che non può andare disatteso:  infatti, la strada da percorrere, se si decide di fare altre scelte, è talmente accidentata e piena di ostacoli da risultare impraticabile. Stiamo assistendo ad un attacco all’autodeterminazione delle donne oggi più scoperto e feroce. In questo periodo di crisi economica di cui non si vede la fine, il sistema capitalistico cerca di imporre le proprie logiche utilitaristiche a livello locale e globale per mantenere saldo il controllo sociale e il dominio di una classe su un’altra; cerca di spingere le donne fuori dal mercato del lavoro per far posto agli uomini e di relegarle tra le mura domestiche a svolgere la loro “naturale” funzione riproduttiva, di cura e di accudimento di bambini, malati e anziani, in sostituzione di quei servizi che i continui tagli alla spesa pubblica stanno limitando drasticamente.  
Il diritto ad una procreazione e ad una sessualità libere e responsabili per le donne deve essere difeso attraverso la lotta per un’educazione sessuale laica e libera da pregiudizi, per l’accesso gratuito alle misure anticoncezionali, per il potenziamento dei consultori pubblici, per un aborto libero, gratuito e sicuro. Inoltre, per consentire alle donne di ottenere indipendenza ed autonomia, rivendichiamo il pieno impiego contro flessibilità e precarizzazione, uguali salari per uguali mansioni e servizi pubblici sotto il controllo delle donne e degli operatori come asili nido, lavanderie e mense sociali di quartiere, centri per anziani e disabili. Queste lotte costituiscono parte integrante della guerra al sistema capitalista, una guerra che è necessario portare avanti per poter schiudere un futuro di progresso e costruire una società libera da ogni forma di oppressione.

Leggi l'articolo dal sito del Partito di Alternativa Comunista

http://www.alternativacomunista.it/content/view/2352/1/

Riceviamo e pubblichiamo volentieri questo articolo apparso su Sicilia libertaria

sindacalismo di base
SCIOPERI & GENERALI

E’ diventata ormai abitudine nel mondo variegato del sindacalismo di base, indire scioperi generali che di questo hanno solo il nome. A caratterizzarli è, infatti, la disgregazione tra le stesse sigle sindacali e la frammentazione dei loro aderenti, che, anche nelle occasioni migliori, porterà alla realizzazione di discreti scioperi in qualche realtà produttiva o servizio pubblico, nel totale disinteresse e funzionamento della macchina produttiva generale.
E’ notorio quali difficoltà si incontrino oggi nel promuovere forme di mobilitazioni degne di questo nome e che possano in parte portare a una certa paralisi di un qualche comparto a livello nazionale (quasi sempre ciò avviene in ambito regionale o locale). Ma proprio la consapevolezza di questa difficoltà dovrebbe indurre a maggior saggezza i promotori di tali scioperi generali.
Proprio qui sta uno dei maggiori limiti e ostacoli allo sviluppo di un processo di mobilitazione sociale in Italia. Sta nei “generali”, in quei vertici che da anni dirigono i sindacati di base, ovvero un arcipelago di sigle fortemente minoritarie, di cui alcune sono più minoritarie di altre, tanto che, in questi casi, più che di generali potremmo parlare di sergenti al comando di scarni drappelli.
I generali, da anni, più che la lotta di classe promuovono la supremazia della propria sigla, gestiscono scissioni e riaggregazioni, sempre in nome dei “lavoratori”, sempre definendo “Unione”, “Unitaria”, ecc. la propria organizzazione, esattamente come fanno la miriade di partitini della galassia marxista, che più si scindono e sono minuscoli più si dicono unitari.
E così anche gli scioperi generali diventano strumento di queste politiche, dove conta più il numero di bandiere sventolate che il numero di fabbriche o scuole rimaste chiuse o di stazioni e aeroporti bloccati.
Non è un caso che a furia di proseguire per questa china suicida si è arrivati oggi ad aver svuotato di contenuto il termine “sciopero generale”, che non ha nessun appeal per i lavoratori, salvo i pochi coinvolti più direttamente.
Questo mese di ottobre la situazione si ripete: USB, UNICOBAS e USI (Lazio) hanno indetto uno “sciopero generale” per la difesa dei diritti del lavoro e dello stato sociale, per difendere ed applicare la Costituzione del 1948, per dire basta al governo Renzi e al massacro sociale. Uno sciopero totalmente coinvolto nella campagna per il No al referendum costituzionale, che coinvolge una parte del mondo sindacale di base. La CUB a sua volta ha indetto per il 4 novembre il suo “sciopero generale”, in compagnia dell’USI AIT contro le politiche di guerra, l’accordo sulla rappresentanza e l’attacco generale alle condizioni dei lavoratori, dei pensionati, ecc.. La sommatoria di due debolezze non fa una forza, ma fa una grande debolezza; questo però non scoraggia i generali dal perseverare in questa pratica di divisione, coltivazione  di orticelli, rispondere a logiche politiche tutte esterne alla condizione di classe.
Il 21 uno sciopero tutto proiettato nelle dinamiche politico-parlamentari italiane, che non a caso precede un No Renzi day che esplicita ancor di più queste intenzioni; il 4 uno sciopero che non ha preso nemmeno in considerazione il fatto che per quella data il comparto dei trasporti è notoriamente sottoposto al periodo di “franchigia”  per  via delle  regolamentazioni  applicative  della  Legge 146/90  e della  Legge 83/00  nel settore  ferroviario,  in  quello  aereo-aeroportuale,  nel  trasporto  pubblico  locale,  ed  in quello della circolazione e sicurezza autostradale, cioè in quei settori che, in genere - ed in maniera decisiva nelle ultime proclamazioni di scioperi generali - riescono a paralizzare la mobilità nel Paese e a far scoprire ai più che era stato proclamato uno sciopero generale da parte del sindacalismo di base. Senza dire che il 4 novembre essendo una festività soppressa, comporterà una doppia trattenuta per chi sciopera.
I generali continuano ad attuare linee politiche affette da cecità pur di conquistare qualche punticino di notorietà, qualche rigo in più sui quotidiani e forse raggranellare qualche nuovo iscritto, senza riuscire, invece, a fare uno sforzo per raggiungere accordi e patti, anche minimali, che facciano convergere non dico le piattaforme, ma almeno le date, di questi sempre più fantomatici scioperi generali.
Se oltre venti anni di sindacalismo di base in Italia hanno condotto a questo, vuol dire che siamo messi proprio male. E siccome male ci siamo proprio messi, eccome - nonostante le valide e spesso valorose eccezioni sparse per tutto il paese, comprese le sigle in oggetto - vuol dire che occorre muoversi per togliere più potere possibile ai generali e cominciare ad attuare quel “di base” che aveva fatto tanto ben sperare e che ha indotto migliaia di lavoratori a dedicare la loro esistenza alla costruzione di un nuovo fronte di lotta e di resistenza dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, degli immigrati, dei senza casa, degli inquilini, eccetera, per farla finita con i sindacati statali in mano ai burocrati e ai culi di piombo, attivi solo nel difendere il loro potere, i loro privilegi e il sistema capitalista che glieli garantisce molto volentieri in cambio di servigi da pompieri e cani da guardia.
Se oggi non si è in grado di procedere con una ricomposizione - di fatto, non di sigla - del mondo del sindacalismo di base, unito su alcuni obiettivi prioritari che possano ridare dignità agli sfruttati, allora vuol dire che c’è troppo di sbagliato in quel che si è fatto e che vanno intrapresi con urgenza dei seri correttivi. Prima che sia troppo tardi.
Libero Siciliano

apparso su Sicilia libertaria n. 365, ottobre 2016. info@sicilialibertaria.it